30/12/12

Notizie dal fronte della war on drugs - Africa - 16 ottobre 2012

Traccia della trasmissione andata in onda su Radio Radicale il 16/10/2012




Prima di passare alle notizie dal fronte della War on drugs dall’ Africa, un continente che è stato negli ultimi anni interessato da un enorme incremento del consumo e del traffico di cocaina, eroina e altre droghe, c’è un aggiornamento da fare, su una notizia che viene dal Brasile e che è rimbalzata anche sulle agenzie italiane, cosa che non sempre succede; alcune notizie, infatti, su questi argomenti, si trovano nelle fonti locali, in lingua, e se ne viene a conoscenza in Italia solo se sono riportate da qualche blogger o da qualche sito dedicato, altre invece rimbalzano nelle agenzie di tutto il mondo e vengono quindi tradotte anche in italiano; questo è un processo di selezione delle notizie che è sia diretto, e deriva da scelte anche semplicemente strategiche commerciali, sia automatico.

La notizia che si è diffusa rapidamente in tutto il mondo è la notizia di una azione di polizia che viene descritta come molto incisiva: “Arrestato “Rodrigao” il capo dello spaccio della zona sud di Rio in Brasile. Irruzione nelle favelas, duro colpo al narcotraffico, 2.000 tra poliziotti e commandos brasiliani hanno fatto irruzione in due agglomerati urbani di Rio de Janeiro controllati dai trafficanti. Gli agenti hanno effettuato controlli a tappeto in vista degli appuntamenti che vedranno Rio al centro dell'attenzione mondiale: i mondiali di calcio 2014 e le Olimpiadi del 2016. La zona è definita crackolandia, da “crack”, un sottoprodotto della lavorazione della cocaina. Con elicotteri, blindati, centinaia di agenti, sono bastati poco più di dieci minuti alle forze dell'ordine per prendere il controllo di due agglomerati di favelas tra le più violente di Rio de Janeiro, Manguinhos e Jacarezinho, nel nord della metropoli carioca, regno dei signori della droga. Un'operazione condotta ieri all'alba - si parla di questo fine settimana - e seguita in serata da un altro duro colpo inferto al narcotraffico con l'arresto di Rodrigo Belo Ferreira, 30 anni, conosciuto come Rodrigao, ritenuto il nuovo capo dello spaccio di droga nella favela di Rocinha. Nella zona sud di Rio poco prima delle 5, agenti e membri delle forze speciali della polizia militare e civile, accompagnati da elicotteri dell'Esercito e da blindati della Marina, hanno occupato, pare senza colpo ferire, in tutto cinque baraccopoli, finora controllate dai narcotrafficanti: oltre a Manguinhos e Jacarezinho, Mandela 1 e 2, e Varginha. Come accaduto in altre operazioni di questo tipo – ci riporta la notizia, che ho trovato sia su La Stampa che sul sito di GR RAI - che sono sempre state annunciate in anticipo, proprio per cercare di evitare confronti a fuoco, i narcos sono fuggiti prima dell'irruzione dei soldati. Per ostacolare il raid, dentro gli strettissimi vicoli delle favelas, i narcotrafficanti avevano innalzato barricate di cemento, che sono però state demolite grazie all'uso di scavatrici meccaniche. Sono stati fermati e condotti alle comunità di recupero oltre 110 tossicodipendenti. Dopo la “pacificazione” dei complessi di Penha e Alemao – a seguito di uno spettacolare blitz, avvenuto nel novembre 2010, che costrinse decine e decine di banditi a una precipitosa fuga, ripresa dalle telecamere di mezzo mondo - Manguinhos e Jacarezinho erano diventate il principale nascondiglio dei trafficanti della regione. In particolare, erano state scelte come nuovo quartier generale dagli appartenenti alla temuta fazione criminale Comando Vermelho, nota per la brutalita' e la spregiudicatezza delle azioni. La zona, infatti, era considerata così pericolosa da essere ribattezzata la “Striscia di Gaza” carioca, per via degli intensi e ripetuti confronti tra poliziotti e banditi. Ora, anche su questo territorio, dove il terrore regnava sovrano, verranno montate le UPP, Unità di Polizia Pacificatrice, ideate come speciali caserme permanenti. Attualmente, a Rio, sono state installate in tutto 28 UPP. L'occupazione delle favelas di Rio da parte di soldati e agenti speciali è iniziata alla fine del 2008 nell'ambito della strategia di sicurezza messa in pratica dal governo locale in vista dei Mondiali del 2014 e delle Olimpiadi del 2016”.

Quindi vediamo come anche in questo caso venga magnificata un’operazione come un grandissimo colpo al narcotraffico, quando in realtà li hanno avvertiti prima, e perlomeno i capi più importanti hanno avuto maniera di scappare, hanno arrestato un capo di medio/basso livello, e con 2000 poliziotti hanno portato 110 tossicodipendenti in comunità di recupero, un risultato davvero limitato, risibile, e tutto questo oltre ad essere costato sicuramente una cifra alta, viene sbandierato in tutto il mondo come un’azione di tutela della sicurezza e di grosso colpo al narcotraffico, mentre appare evidente che tutta questa rilevanza della notizia non esiste; un’operazione di facciata.

Arrivando all’Africa, sempre su La Stampa, domenica, è uscito un articolo dedicato alle infiltrazioni di Al Quaeda in Somalia, con un ritratto dei conflitti che oppongono un esercito più o meno regolare a gruppi armati irregolari, una situazione che è comune in molti paesi africani, e sulle infiltrazioni di Al Qaeda in tali gruppi; si dice, nell’articolo, che i capi pagano gli uomini in cibo, armi e qat, una pianta stupefacente, diffusa localmente. ma non si approfondisce il nesso fra il narcotraffico, come fonte di finanziamento,  e le altre attività. Abbiamo visto invece come seguendo le rotte del narcotraffico ci si imbatte regolarmente nel traffico di armi, di esseri umani clandestini, e nel cosiddetto terrorismo. La commistione tra traffico di coca e gruppi armati latino americani per esempio o fra l’eroina afghana e le vicende politiche internazionali mostrano questa evidenza, come hanno affermato,  tra gli altri,  Karzari, Zardari e Panetta.  Il traffico di droga, armi, esseri umani, e il terrorismo si configura, sociologicamente parlando, come campo di dominio strutturato, organizzato, e con ogni probabilità centralizzato. Ad affermarlo, questa settimana, anche il ministro degli esteri della Mauritania, come riporta il  The North Africa Post del 15 ottobre: “ La Mauritania è sempre più preoccupata per la minaccia terroristica crescente nel Sahel che è diventato un paradiso sicuro per la criminalità organizzata e le reti terroristiche; queste  preoccupazioni sono state recentemente esposte, prima della 67^ sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, dal ministro degli Esteri della Mauritania Hamadi, che ha avvertito che la regione del Sahel è diventato "un rifugio sicuro per le reti della criminalità organizzata di tutti i tipi - il traffico di droga, armi, munizioni, compresa la tratta di esseri umani, l'immigrazione clandestina e, in particolare, il terrorismo. "

La decisione di istituire il Centro delle Nazioni Unite per la lotta contro il terrorismo (UNCCT) si è concluso nel 2011 come il risultato di un accordo tra l'Arabia Saudita, che ha impegnato 10 milioni di dollari al progetto, e le Nazioni Unite - un progetto che si spera sia coordinato con le agenzie sui narcotici - e ciò è stato confermato dal presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré, il mediatore principale della crisi.

La principale minaccia terroristica nella regione viene ora da Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), che ha preso il controllo sul nord del Mali lo scorso marzo, e sugli aeroporti, basi militari, centri di formazione e discariche di armi situate nel territorio, alimentando i timori che il Mali settentrionale possa diventare un nuovo santuario per i jihadisti. Questo gruppo, l’ AQMI, si è diviso internamente e da una di queste scissioni si è fondato il Movimento per l'Unità del Jihad nell'Africa Occidentale, MUJAO, che nei mesi seguenti alla crisi del Mali ha nidificato a Gao, una città situata nella parte orientale del Mali, quella che guarda alla frontiera con il Niger; Gao, dove è stato distrutto il mausoleo di Sheik Al Kebir, è stata soprannominata nel corso degli anni 2000 Cocaineville, e numerosi articoli sono usciti nel corso degli anni descrivendo come si fosse formata una parte della città intorno alle residenze di narcotrafficanti e indotto. Cocaina che arriva sì dalla Costa d’Avorio ma anche dalla Guinea Bissau, altro paese che ha conosciuto una profonda crisi nella quale ha influito il suo ruolo di paese di transito di migliaia di tonnellate di cocaina.

Sempre il North Africa Post ci informa sulla Conferenza che si è tenuta in settembre, una conferenza ministeriale interregionale per l’armonizzazione delle legislazioni di numerosi Stati dell’ Africa dell’ ovest in materia di lotta alla droga, in Senegal. “La conferenza trae la sua importanza dal contesto di insicurezza della regione, dove il traffico di droga serve ad alimentare le attività dei ribelli e di gruppi terroristici di tutti I tipi. Ai partecipanti è stato ben presto chiaro che la formazione specialistica dei giudici, dei procuratori e delle forze dell’ordine è uno dei mezzi indispensabili per lottare al meglio contro questo flagello. Nel caso del Senegal, questo si nota in modo evidente: magistrati senegalesi spesso non hanno una formazione sufficiente quando si tratta di occuparsi di criminalità organizzata transnazionale, come accade sempre nel caso del traffico di droga in quella zona; la tendenza dei magistrati a trattare questo genere di casi sulla base delle regole del diritto comune, troppo limitate nei tempi e nelle procedure, fa sì che i giudici non vadano abbastanza a fondo nelle loro indagini. In genere si limitano alle conclusioni delle inchieste della polizia giudiziaria. E’ apparso quindi evidente che una lotta più efficace contro il traffico di droga attraverso le frontiere debba passare per un coordinamento fra i sistemi giudiziari dei paesi coinvolti. La conferenza così ha previsto che la legislazione senegalese sia resa conforme con quella degli altri paesi vicini. La Conferenza di questa settimana è stato un modo per il Senegal di fare un bilancio, due anni dopo una prima conferenza simile a Dakar, sulla messa in opera di strumenti di lotta contro il traffico di droga. Il Ministero degli interni, tramite il CILD, Comitato Interministeriale per la Lotta alla Droga, propone un programma che comprende un incremento della sorveglianza delle frontiere terrestri, marittime e aeroportuali insieme a Capo Verde, Gambia, Repubblica di Guinea, Guinea Bissau, Mali, Mauritania e Niger”. Altre agenzie ci informano che, sempre in settembre, “il Segretario Generale dell’ONU ha convocato, a New York, una Riunione di alto livello sul Sahel, nel corso della quale gli Stati e le organizzazioni regionali e internazionali hanno sostenuto l’elaborazione di una strategia regionale integrata delle Nazioni Unite per il Sahel ed espresso la loro determinazione ad appoggiare il pieno ristabilirsi dell’ordine costituzionale in Mali, oltre che la sua integrità territoriale. I partecipanti alla Riunione hanno riconosciuto la natura “complessa, multidimensionale e transfrontaliera” delle minacce che deve affrontare la regione del Sahel, cioè la proliferazione del traffico di armi, l’accresciuta presenza di gruppi terroristici, il traffico di esseri umani, il narcotraffico”.

Vediamo dunque come le istituzioni si mobilitino per una strategia comune a distanza di almeno 10 anni dall’inizio dell’invasione, da parte del narcotraffico di cocaina, e dell’incremento, da parte di quello dell’eroina, delle rotte africane; una invasione segnalata fino dai primi anni 2000 dagli osservatori di tutti il mondo, ma che ha atteso di risalire alla cronaca fino al ritrovamento, in Mali, nel 2009, di un Boeing con a bordo 10 tonnellate di cocaina. Da lì avrebbe dovuto risalire il Sahara, diretta in Egitto, nascosta in un convoglio di pick up 4×4, poi verso la Grecia e i Balcani fino a arrivare nel cuore dell’Europa. C' è il fondato sospetto - come disse allora il responsabile Onu per la lotta alla droga, Antonio Maria Costa - che il carico sia stato passato a un gruppo di terroristi di Al Qaeda attivi nel Sahel, una fazione algerina in affari con i contrabbandieri. Gli islamisti forniscono supporto e impongono una tassa di transito: quasi tremila euro per ogni chilogrammo di cocaina. Sempre secondo le fonti delle Nazioni Unite i criminali disporrebbero di una decina di aerei, tra questi alcuni Boeing 727, 707 e DC9. In alternativa usano piccoli jet - i Gulfstream II - e bimotori a elica. Nel luglio del 2008, per esempio, è stato confiscato un Cessna 441 in Sierra Leone: volava con le insegne della Croce Rossa e nel medesimo periodo, in Guinea Bissau, è stato sequestrato un Gulfstream noleggiato - si fa per dire - dal cartello di Sinaloa.

In effetti, osservando le mappe delle rotte del narcotraffico, che siano le mappe istituzionali, delle agenzie dell’ONU, o della DEA, oppure quelle che vengono tracciate da chi se ne occupa ( ho già segnalato come le varie realtà missionarie siano informate e costituiscano fonti autorevoli su questo tema), si vede come esistano punti di ingresso definiti, per l’eroina, dall’Asia verso la Nigeria,  per la cocaina, tra Costa d’Avorio, Benin e  Guinea Bissau, da dove arriverebbe dal Sudamerica a bordo di piccoli e medi carghi sia navali che aerei, ma anche dall’ estremo sud dell’Africa. Risalendo poi il continente, nell’ultimo decennio la scia della rotta dal sud si è tirata dietro una impennata di consumi di cocaina e derivati in tutta l’Africa, favorendo oltre alla corruzione politica e delle forze armate, i guadagni delle criminalità organizzate locali, la violenza sociale e la diffusione di HIV e AIDS. Molte delle rotte convergono su quello che un tempo si chiamava il ventre molle dell’Africa, una zona scarsamente popolata e in gran parte fuori dal controllo degli enti sovranazionali e dal diritto internazionale. Una zona dove si scambiano accordi criminali e scambi illeciti senza alcun controllo se non quello che i vari gruppi esercitano fra di loro. Una revisione delle leggi sulle droghe non sarebbe forse risolutiva, ma, come si può argomentare in piccolo, rispetto alle mafie locali dei vari paesi, obbligherebbe la criminalità organizzata a elaborare nuove strategie e a riconvertire gli  investimenti.

15/12/12

Assemblea del 15 dicembre 2012 / Esito

 
Cariche elette:
 
Segretario - Claudia Sterzi
 
Tesoriere - Vincenzo Vitulli
 
Presidente - Sabrina Gasparrini
 
Presidente Onorario - Mina Welby


MOZIONE GENERALE

 L’assemblea della Associazione radicale antiproibizionisti, considerato lo straordinario movimento di opinione che in tutto il mondo avanza in direzione di un’uscita dalle strategie proibizioniste che tanti danni e sprechi hanno portato, delibera che l’ @.r.a. debba riprendere la sua attività, perché l’Italia non resti  una eccezione oscurantista in tale panorama.

Dà mandato ai suoi organi dirigenti:

di organizzare, per l’inizio della primavera 2013, un incontro con gli altri gruppi antiproibizionisti italiani allo scopo di costituire un comitato referendario per la modifica della legge Fini Giovanardi;

di stringere rapporti e scambi con i gruppi antiproibizionisti europei, e di interessarsi concretamente alla possibilità di creazione di un social cannabis club italiano, sul modello di quelli spagnoli e francesi;

di studiare la possibilità di sottoporre al finanziamento, pubblico o privato, progetti sia sul livello locale che su quello internazionale;

di sviluppare la presenza telematica dell’ Associazione, a scopo di informazione e di coordinamento fra le realtà antiproibizioniste esistenti.

Roma, 15 dicembre 2012