31/10/08

Intervento in commissione al Congresso di Radicali Italiani




ANTIPROIBIZIONISMO / UNA STRATEGIA POLITICA

Il titolo della commissione sottolinea l’aspetto della scelta individuale; cioè la forzatura che il proibizionismo opera sul diritto liberale inventandosi reati in cui non solo non c’è vittima ma nemmeno una condotta che possa farne prevedere una, come accade con le ultime normative Giovanardi che impongono etilometro e test antidroga a tutti, anche a chi non guida, anche a chi guida rispettando tutte le regole del codice della strada. Questa impostazione, che si concentra sulla tutela dei diritti del cittadino, nel caso del proibizionismo su droga e prostituzione, è corretta, ma si presta a facili confusioni e confutazioni fra facoltà, diritto, diritto biologico ecc.; certo, se anche drogarsi, prostituirsi o, per fare un altro esempio, abortire, non è un diritto ma una facoltà, resta il fondamentale e inalienabile diritto a disporre del proprio corpo e della propria persona come meglio piace a ciascuno, nei limiti del rispetto dei corpi e delle persone altrui; ma un fermo richiamo all’antiproibizionismo come strategia sociale è necessario per non opporre all’integralismo della posizione espressa dal governo oggi al potere, (abbiamo sentito giovanardi affermare che il drogato è spazzatura e che la fini giovanardi va inasprita , maroni minacciare il ritiro della patente per chi ha subito condanne relative agli stupefacenti), un altrettanto integralista lassismo come quello che ha guidato i governi di centrosinistra che poco hanno fatto, lasciando che tutto restasse come prima senza cambiare quasi niente.
Lo stesso discorso si può applicare alla prostituzione, cioè al proibizionismo applicato ai diritti sessuali, ma sempre e comunque al diritto di disporre del proprio corpo e della propria persona; anche in questo caso è necessario superare le opposte esagerazioni che vedono da una parte minacciare sanzioni a chi si prostituisce, oltre che ai clienti, e voglio vedere come faranno a distinguere tra clienti e fidanzati, dall’altra il più bieco permissivismo sui fenomeni terribili di riduzione in schiavitù che abitano le nostre città.
L’ antiproibizionismo come scelta economica e politica, scelta liberale anche di mercato, che libera dalle mani di criminali incalliti risorse finanziarie immense, scelta di salute pubblica attraverso corretta informazione sugli usi e sugli abusi, che non è fare del terrorismo mediatico come fa giovanardi, ma per esempio interrogarsi sulle analogie che fenomeni sociali del tutto percepiti come diversi da loro abbiano la stessa matrice di ignoranza.
Analizziamo qualche dato, anche se molti dei dati, trattando di fenomeni illegali quindi clandestini, sono in realtà stime; una relazione del ministero degli interni, che analizza gli anni dal 1990 al 2006, ci dà il numero di 500.000 circa tossicodipendenti segnalati, preferisco dire persone segnalate come tossicodipendenti. E’ interessante questa analisi perché il 1990 è l’anno di emanazione della Iervolino Vassalli, legge proibizionista che, nel titolo dedicato alla repressione delle sostanze illecite, iniziava con le parole: “È vietato l'uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope” ( è il comma 1 poi abrogato per referendum radicale vinto nel 1993 ) e che segnava l’inizio di una collaborazione italiana nelle politiche proibizioniste dell’Onu. Dal 1990 al 2006, la progressione è in netta ascesa, non solo nel numero dei segnalati, ma anche delle sanzioni erogate. Dopo 15 anni di proibizionismo, il numero dei segnalati si è triplicato (12000 nel 1990 37000 nel 2006), il numero delle sanzioni è quasi decuplicato (850 nel 1990 7200 nel 2006). Riguardo alla cannabis, nel 1990 le segnalazioni che la riguardavano erano il 42%, nel 2006 sono il 74%; fra le tendenze degli ultimi anni, che sono tendenze non solo italiane ma europee e internazionali si confermano la diminuizione dell’età di approccio, l’aumento del consumo di cocaina e del consumo di droghe sintetiche.
L’Osservatorio europeo stima in 4,5 milioni il numero di adulti che, in Europa, ha consumato cocaina nell’ultimo anno; la cocaina attualmente si contende il secondo posto fra le droghe più diffuse in Europa, dopo la canapa e alla pari con le droghe sintetiche. Il meccanismo attraverso il quale l’uso di cocaina è stato incentivato da parte dei distributori è lo stesso già collaudato più volte, quello che permise una rapida ascesa del consumo di eroina negli anni ’70. D’improvviso vengono a mancare gli altri tipi di droga in commercio e viene proposto un nuovo prodotto a prezzo promozionale; in realtà il mercato delle droghe illegali è saldamente organizzato a livello mondiale e ben poco sfugge ad un ferreo controllo centralizzato.
Anche la proliferazione di sostanze di sintesi risente delle politiche proibizioniste; la ricerca è clandestina, incontrollata, tesa alla creazione di molecole più “efficaci” e meno rilevabili, senza alcuna attenzione alla qualità e agli effetti nocivi.
Per la canapa, le modifiche genetiche operate su piante di canapa allo scopo di elevarne il contenuto in thc sono avvenute fuori da ogni controllo; alla fine, nessuno sa esattamente che cosa compra.
Non stupiscono quindi i recenti sequestri di psicofarmaci contrabbandati illegalmente ed usati insieme all’alcool; infatti la differenza tra psicofarmaco e sostanza psicoattiva non c’è, psicofarmaci, droghe e doping sono sfaccettature di uno stesso mercato, quello chimico-farmaceutico; le prime droghe di sintesi furono inventate nei laboratori delle industrie farmaceutiche e sarebbe assai ingenuo non ipotizzare uno scambio di informazioni tra industria legale e industria illegale.
Le distinzioni classiche tra droghe leggere e pesanti, tra spacciatore e consumatore, tra droga doping psicofarmaci sono fuorvianti; distraggono da distinzioni più precise e rappresentative.
Il fenomeno da prendere in considerazione è l’abuso e la dipendenza, non l’uso personale di droghe leggere e pesanti, che io vorrei radicalmente tutte legalizzati; sul consumo di cannabis, poi, in nome della strategia proibizionista, siamo arrivati alla aberrazione della violazione dei diritti dei malati che non hanno effettivo accesso in Italia ai farmaci derivati della canapa, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica; il cosiddetto spacciatore poi è figura totalmente inventata dal proibizionismo, dove altrimenti avremo venditori e consumatori.
La distinzione tra uso e abuso non viene sottolineata, mentre è fondamentale; non si può parlare di tossicodipendenza in presenza di un uso saltuario di farmaci o di droghe che dir si voglia, ricordo infatti come sempre che secondo la definizione dell’ Organizzazione mondiale della sanità i farmaci sono droghe e le droghe sono farmaci; d’ altra parte l’abuso e la dipendenza da qualsiasi sostanza, ma anche da qualsiasi alimento o addirittura comportamento, come è per le dipendenze da videopoker e tutti i moderni comportamenti compulsivi, produce seri danni economici e sociali. Nel caso delle sostanze illegali a questi danni si aggiunge quello rappresentato dai proventi delle attività illecite, che escono dalla contabilità ufficiale e vanno ad accrescere i flussi neri di denaro che in alcuni periodi e paesi superano i flussi legali. Si aggiunge anche la difficoltà di monitorare, controllare, definire sia i prodotti commerciati che la distribuzione; per esempio, non c’è controllo né sui pesticidi usati per le coltivazioni né sui tagli operati (la cocaina venduta in europa è pura in media al 45%); lo stesso discorso vale per il doping, dove laboratori semiclandestini producono barattoli di sostanze dubbie vendute poi sottobanco, e per la prostituzione dove nella clandestinità rivivono antiche schiavitù che sul nostro territorio preferiremmo non vedere, viste le lacrime e il sangue che ci sono voluti per uscirne.
C’è poi tutto l’indotto del proibizionismo, sotto forma di spese per la persecuzione dei reati e per le cosiddette comunità di recupero, mondo non privo di ombre inquietanti, sul quale interverrò in un’altra occasione.
Vorrei invece avviarmi alla conclusione con qualche dato storico, che ci aiuti ad inquadrare un po’ più da lontano il rapporto che la società umana ha intrattenuto e intrattiene con alcune piante.
La prima notizia scritta sul papavero da oppio compare su tavole sumeriche del III° millennio a.C. A Ippocrate, medico greco del V° secolo a.C. considerato uno dei padri della medicina occidentale, si deve la parola latina “opium”, traslato dal greco οπός μεκονος, succo di papavero. L’ uso di questa pianta è apparso fin dall’inizio terapeutico, per le sue grandi proprietà analgesiche, né ci dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci antidolorifici traggono le loro origini dallo studio di piante come il papavero, la coca, la canapa, il caffè ecc.; poter controllare il dolore è sempre apparso legittimamente agli uomini come uno scopo per il quale valeva la pena ricercare e studiare. Non possiamo neanche immaginare cosa fosse la medicina prima che le proprietà dell’oppio venissero studiate e applicate, le sofferenze, i dolori che non potevano essere leniti, le operazioni senza anestesia; prima di dire che l’uso delle droghe è devastante si deve considerare quanto giovamento queste piante hanno portato all’umanità e quanto se usate nelle maniere giuste possano non essere devastanti, ma al contrario, benefiche.
Nel corso della storia umana le droghe hanno subito alterne fortune: proibite o ammesse, esaltate o demonizzate, sfruttate e raffinate da un’industria sempre più mirata. Così nel 1640 in Cina l’ultimo imperatore della dinastia Ming decretò la pena di morte per chi trafficasse o consumasse tabacco; la proibizione fece sì che si cominciasse a fumare oppio, fino ad allora consumato prevalentemente per via orale. Mentre i successivi imperatori manciù proibivano dapprima il commercio dell’oppio con gli europei e nel 1793 anche la coltivazione, lo stesso oppio, come principale ingrediente del laudano, entrava a far parte dell’armadietto dei medicinali di famiglia in tutta Europa dove rimarrà per due secoli, senza che la disponibilità generasse legioni di tossicodipendenti. Certo anche allora c’era qualche fenomeno di abuso, la dipendenza è una tendenza umana che si può manifestare in mille modi, ma la disponibilità non genera un aumento dei fenomeni di abuso, cosa che accade invece invariabilmente quando un l’uso di una sostanza viene vietato e punito.
Ci si chiede che differenza ci sia tra assumere psicofarmaci e drogarsi, se non una teorica differenza tra legalizzata e illegale, che moltiplica i profitti, e anche con quale perverso spirito di contraddizione in una Italia inondata di test antidroga e spot terroristici, si è riaperta la strada alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, il tanto discusso caso del Ritalin; quale differenza passi tra il doping per migliorare le prestazioni sportive e il Viagra; come si possa trattare in modo così diverso la vendita di caffeina tabacco alcool e quella di cocaina canapa o oppio. Perché dobbiamo tollerare l’ipocrisia di un proibizionismo di classe che consente ai più ricchi la soddisfazione di ogni vizio mentre agli altri viene tutto impedito? e i cartelloni che in autostrada ci invitano, se abbiamo sonno, a prenderci un caffè?
Il concetto di antiproibizionismo si contrappone ai metodi di regime, al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, strategia nonviolenta, democratica e liberale.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili, con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.

Claudia Sterzi, segretaria Associazione Radicale Antiproibizionisti @.r.a.
antiproibizionistiradicali@gmail.com

17/10/08

Giovanardi ha incontrato Costa

E’ di ieri l’annuncio della nascita di un Comitato Scientifico antidroga, dato a palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla droga, Carlo Giovanardi, e Giovanni Serpelloni, Capo Dipartimento Politiche Antidroga, E, accanto al Comitato, e' stata istituita anche la Consulta degli esperti e degli operatori, composta da 70 membri, ''una sorta di 'parlamentino' - ha spiegato Giovanardi - dove discutere le politiche antidroga''.
Il Presidente del neonato Comitato, Prof. Antonello Bonci, ha sobriamente dichiarato: ''I professionisti che fanno parte del comitato sono le persone migliori del mondo nei propri campi d'appartenenza . . .” ; con queste premesse, e al grido “Se ti droghi vai a piedi!” sono state illustrate le iniziative che si intendono avviare per contrastare le tragiche conseguenze dell’uso ( più esatto sarebbe dire “dell’abuso” ) di sostanze psicoattive.
Test antidroga ai lavoratori, test antidroga agli automobilisti, test antidroga per prendere la patente; per questi ultimi entro dicembre partirà la sperimentazione più volte annunciata a Perugia, Foggia, Verona e Cagliari.
Test antidroga e campagne pubblicitarie pseudoscientifiche sono le scarse e controverse misure che Giovanardi vanta, mentre la tragica realtà italiana consiste di carceri stracolme e di un mercato delle droghe illegali in espansione continua.
Ne parleremo anche domani, 17 ottobre, a Perugia, nel corso del dibattito che si terrà alle 16 nell’aula 2 della Facoltà di Scienze Politiche, Via Pascoli, dal titolo : “Proibizionismo e carceri: scarsi risultati a caro prezzo. Quali politiche alternative? “

05/10/08

DEMCAMP, intervento con aggiunte / Antiproibizionismo nonviolenza democrazia

Buongiorno; vorrei intrattenervi una decina di minuti sulle interconnessioni fra antiproibizionismo, nonviolenza, democrazia, e suscitare qualche riflessione sul tema delle azioni nonviolente come strumenti di partecipazione democratica diretta ed attiva.
L’ occasione che è stata di spunto è la costituzione dell’associazione radicale antiproibizionisti, della quale sono segretaria. Fin dall’inizio di questa esperienza ho considerato quanta vicinanza ci fosse fra il concetto di antiproibizionismo, contrapposto a metodi di regime, contrapposto al potere autoritario, l’antiproibizionismo nella sua valenza di strategia di governo dei fenomeni sociali attraverso le armi nonviolente della comunicazione e dell’informazione, fra l’antiproibizionismo e la nonviolenza da una parte e fra antiproibizionismo e democrazia dall’altra.
Fra le prime azioni nonviolente radicali molto rilievo ebbero, per esempio, ma sono ormai state dimenticate, le disobbedienze civili in tema di aborto. Il nodo centrale dell’iniziativa radicale era non certo quello di incentivare le donne ad abortire, bensì la riduzione di quella che era una piaga sociale, l’aborto clandestino, attraverso la legalizzazione, l’informazione, la comunicazione. Le conseguenze peggiori della legge proibizionista che allora vigeva, e vorrei ricordare, perché non è passato un secolo, ma soli 35 anni, che le donne ricoverate in ospedale per le complicazioni degli aborti clandestini venivano piantonate dai carabinieri che ne attendevano la dimissione per portarle in galera fra gli insulti che tutti si permettevano di rivolger loro, le conseguenze peggiori le subiva chi non aveva i soldi per andare a interrompere la gravidanza a Londra, o in una delle numerose cliniche italiane compiacenti. Il proibizionismo, quindi, come strategia classista produttrice di diseguaglianza, privilegi ed eccezioni, anche in questo senso antidemocratico; come dimostra anche l’ultima deriva proibizionista sulla droghe di Giovanardi & Co., nel suo voler sottoporre a test antidroga tutte le categorie fuori che, guarda caso, i parlamentari, le forze dell’ordine, i medici, cioè gli stessi che comandano ed eseguono il test a tutti gli altri.
I regimi autoritari hanno bisogno di conservare il potere con la paura e con le punizioni, con la repressione economica, con la limitazione dei diritti civili,con i privilegi e con le dinamiche di casta; una democrazia compiuta trova nel dibattito pubblico e nella libera informazione l’antidoto alla degenerazioni violente e alle crisi di sistema.
Purtroppo l’involuzione partitocratica della democrazia italiana non garantisce una libera circolazione delle classi dirigenti, perché ne limita l’accesso ed è viziata da nepotismo, clientelismo e familismo amorale. Lo strumento legislativo parlamentare rimane appannaggio di una maggioranza consolidata di potere, trasversale allo schieramento politico, di una classe dirigente che si autoriproduce da secoli.
Le teorie elitiste già dagli inizi del ‘900 hanno individuato il suffragio universale come necessario ma non sufficiente a garantire la democrazia; la democrazia rappresentativa finisce per selezionare una élite che non rappresenta affatto tutte le componenti della società bensì quelle già dominanti. Per questa ragione fu introdotto uno strumento per la correzione e il bilanciamento in favore della democrazia diretta, la seconda scheda, quella referendaria, strumento fortemente sostenuto e incentivao dai radicali, purtroppo svuotato e tradito. Svuotato di significato dagli inviti all’astensione, reso inattuabile dalle procedure estenuanti necessarie per proporlo, avvilito dalla mancata e corretta informazione, tradito più volte nei risultati.
Quindi un doppio legame: da una parte l’antiproibizionismo come strategia di governo democratico dei fenomeni sociali proposto in alternativa ai metodi proibizionistici violenti propri dei regimi autoritari, dall’altra la nonviolenza e le disobbedienze civili come forme di partecipazione diretta del cittadino al perfezionamento della democrazia.
Per questo le iniziative parlamentari radicali antiproibizioniste su aborto, droga e prostituzione, portate avanti con testardaggine dai radicali negli ultimi 40 anni, hanno sempre avuto bisogno del sostegno della nonviolenza nelle forme di obiezione di coscienza, disobbedienze civili, digiuni, per riuscire ad ottenere significativi ma parziali, e spesso non attuati, risultati.
Insegnano i moderni maestri della sociologia che laddove un argomento di dibattito pubblico coinvolge profondamente ed emotivamente le persone è più frequente una polarizzazione estrema fra due atteggiamenti assoluti integralisti e contrapposti; i particolari e le eccezioni vengono rimossi dalla coscienza collettiva e l’argomento svuotato di contenuti viene offerto in simbolico pasto alle configurazioni di potere. Così per le mutilazioni genitali femminili l’opinione pubblica si è divisa fra assolutisti dell’ aumento delle pene e relativisti di “è la loro cultura”; così per le droghe non si va oltre la posizione “drogarsi è reato”, contrapposta a quella “lasciamo fare”; così nella politica internazionale i guerrafondai si contrappongono ai no global arcobaleno ecc.
L’antiproibizionismo e le armi nonviolente della informazione e della comunicazione, la libera circolazione delle idee, delle élites, delle merci e delle persone fanno intravedere una via di uscita e un antidoto alla violenza e all’integralismo che ci travolge.
Sono personalmente una disobbediente civile che si è presa quattro mesi di condanna, indultata, per cessione di canapa nel corso di una disobbedienza civile sul tema della canapa terapeutica; ho partecipato lo scorso anno ai lunghi scioperi della fame che hanno accompagnato la approvazione della risoluzione per la moratoria universale della pena di morte e sono anche oggi in sciopero della fame per la elezione di un giudice costituzionale e del presidente della commissione vigilanza della rai. Lo dico perché sono stati, per me, momenti nei quali mi sono sentita finalmente cittadina attiva.
La deriva proibizionista e autoritaria deve essere arginata e ridotta, reindirizzata; è una strategia fallimentare e criminale, che produce giri di interessi e di denaro, gran parte “al nero”, e dirige in senso distruttivo e non democratico, ingenti risorse. In nome della strategia proibizionista siamo arrivati alla violazione dei diritti dei malati laddove non hanno libero accesso ai farmaci, alla violazione del diritto del cittadino ammalato o no alla libera determinazione dei propri comportamenti privati, nell’impedimento alla coltivazione domestica anche di una sola pianta di canapa, anche a malati con prescrizione medica.
Claudia Sterzi
antiproibizionistiradicali@gmail.com

25/09/08

Cannabis terapeutica, Poretti: nessuna attenzione per i malati che si devono far carico economico dell'importazione dei cannabinoidi

Risposta inutile e lavamani all'interrogazione.

Intervento della Senatrice Donatella Poretti, parlamentare Radicale-Partito Democratico

Stamani il ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali ha risposto in aula con il sottosegretario Fabio Fazio ad una interrogazione che ho presentato con il senatore Marco Perduca per promuovere le terapie del dolore e l'utilizzo della cannabis terapeutica.

La cannabis terapeutica soffre di limitazioni non derivate dalla sua efficacia -attestata da ben 17 mila studi- ma dal collegamento con l'uso ludico della medesima sostanza. E cosi' un proibizionismo tira dietro un altro ben piu' grave -se e' possibile stabilire una gerarchia-: quello su cure, terapie, in particolare sulle cure contro il dolore.

Cosi' nell'Italia ultima in tutte le classifiche per le terapie contro il dolore, si aggiunge questa vicenda di per se' sintomatica: esistono dei derivati sintetici della cannabis -disponibili in gran parte dei Paesi europei- che risultano efficaci nella terapia del dolore, della nausea, del glaucoma, dei disordini neuromotori e per stimolare l'appetito nei pazienti affetti da Hiv-Aids e demenza.

Con il decreto del precedente Governo (18 aprile 2007) i cannabinoidi sono inseriti nella tabella II del Testo Unico sugli stupefacenti (legge 390/90): attestata la loro attivita' farmacologica, cio' non equivale alla loro immissione in commercio. Che spetta all'Aifa, e per cui ancora oggi e' necessaria l'importazione individuale a carico del paziente, tranne nei casi di somministrazione in regime di ricovero ospedaliero. Importazione individuale costosa, complicata e discriminatoria. Infatti tranne le Asl di Bolzano, Crotone e Roma, dove e' previsto un rimborso, l'acquisto risulta a carico del malato, e una scatola di Sativex, sufficiente per un mese di terapia, costa 600 euro. Nonostante esista un Sistema Sanitario Nazionale e un diritto alla cura scritto in Costituzione, accade che un cittadino di Bolzano e uno di Firenze affetti dalla medesima patologia, si trovino in due situazioni diverse.

Nella risposta il sottosegretario si e' limitato a ricordare che l'immissione in commercio dei farmaci spetti all'Aifa e che il Consiglio Superiore della Sanita', a febbraio 2008, ha espresso parere negativo su alcune condizioni cliniche, compresa la sclerosi multipla. Fazio ha sostenuto che l'autocoltivazione e' una pratica illegale, così come l'autoproduzione, e che non sarebbe ipotizzabile per una serie di motivi, tra cui l'assenza di indicazioni e procedure dettagliate che generalmente sono riportate in etichettatura.

Non e' un caso che la discriminazione di trattamento e la complessita' di utilizzo dei cannabinoidi non abbia trovato risposta: manca la volonta' di favorire e promuovere l'uso di questa sostanza. Frapporre la difficolta' dell'autorizzare alla coltivazione terapeutica per la contrarieta' alle leggi in merito, e' non rispondere politicamente.

Ricordo che, per esempio, in USa -Paese decisamente proibizionista in materia di droghe- in 12 Stati -e prossimamente si terranno tre referendum in altrettanti Stati- e' possibile la coltivazione ad uso terapeutico. Quindi, che sul tema degli investimenti sulle terapie del dolore il problema sia tutto politico, mi sembra abbastanza evidente. Non mi e' sembrata evidente, invece, la risposta politica del Governo sulla sua intenzione o meno di promuovere questo tipo di terapia contro il dolore.



A questo indirizzo lo svolgimento dell'interrogazione

05/09/08

Sativex a Bolzano

Comunicato stampa di centrodestra a difesa del diritto dei malati

SATIVEX PER I MALATI DI SCLEROSI MULTIPLA: OCCORRE UN NUOVO ATTO DI UMANITA’ DA PARTE DELL’ASSESSORATO COMPETENTE

“Chiediamo all’ass. provinciale alla Sanità un atto ulteriore di coraggio e di umanità, reintroducendo la distribuzione del farmaco Sativex a Bolzano per coloro che soffrono di sclerosi multipla. Non è pensabile infatti che la nostra Provincia si arrenda difronte al dolore che l’assenza di questo farmaco a base di cannabis provoca ai pazienti, provocando anche l’insorgenza di gravi neuropatie”. Lo affermano i Consiglieri provinciali di AN-PdL Mauro Minniti ed Alberto Sigismondi che già in passato avevano affiancato la battaglia delle molte persone affette da sclerosi multipla, “una battaglia che non può essere di parte o di partito, ma che deve essere trasversale, nell’interesse di persone molto più sfortunate di quelle sane”, chiariscono i due esponenti di AN-PdL. Da sempre contrari all’uso di droghe ed alla differenziazione fra quelle leggere e pesanti, Minniti e Sigismondi non si scandalizzano difronte all’uso a scopo terapeutico della cannabis, “visto che già oggi la morfina viene utilizzata per alleviare il dolore dei malati terminali”, affermano ancora i due Consiglieri provinciali di opposizione. “Quanto viene segnalato dal Vice Pres. ACT-associazione cannabis terapeutica Stefano Balbo circa l’esistenza di due colture sperimentali di canapa per uso medico in Val di Cembra in Trentino – sottolineano ancora Minniti e Sigismondi - è certamente un’opportunità importante per i molti malati di sclerosi multipla; peraltro si tratta di due colture estremamente controllate, “figlie” in qualche modo di ciò che avviene presso il Centro di Ricerca delle Colture Industriali del Consiglio per la Sperimentazione e la Ricerca in Agricoltura gestito dal dott. Gianpaolo Grassi, autorizzato dal Ministero della Salute dove le oltre 1000 linee di piante di canapa “geneticamente” stabilizzate producono una varietà con gli stessi principi attivi presenti proprio nell’estratto di quel “Sativex” utilissimo per i pazienti affetti da sclerosi”. Sull’argomento ora Minniti e Sigismondi hanno presentato un’ulteriore interrogazione alla Presidenza del Consiglio per sapere se la Provincia Autonoma di Bolzano stia vagliando, serenamente e seriamente, l’opportunità di istituire una produzione analoga presso il centro di Laimburg, così come richiesto dalla stesso Balbo.
18/06/2008: Lettera dell' Assessore alla sanità e alle politiche sociali della Provincia autonoma di Bolzano, Alto Adige, Dottor Richard Theiner, indirizzata al collega Dr. Massimo Russo, Assessore alla sanità della Regione Sicilia.

Nella lettera si sollecita l'attenzione alla diversità di trattamento, a secondo della regione o provincia di appartenenza del malato, nell'erogazione del farmaco Sativex, un farmaco a base di principi attivi estratti dalla canapa, utile nella cura della sclerosi multipla.

02/09/2008: Lettera del Vicepresidente dell' Associazione Cannabis Terapeutica allo stesso Assessore Richard Theiner.

Nella lettera si evidenzia come il Sativex abbia cessato di essere disponibile anche a Bolzano e si suggeriscono ipotesi di soluzione.

04/09/08

Malata punita perchè cercava di curarsi e di soffrire meno

Divieto di coltivazione della canapa in contrasto con i diritti del malato

Pochi giorni fa, a Venezia, i Carabinieri sono entrati in casa di un professore in pensione di 66 anni e di sua moglie, 58 anni, malata di distrofia muscolare da 30 anni, invalida in seggiola a rotelle; lì i militi hanno rinvenuto, e sequestrato, 42 piante di canapa coltivate in 16 vasi. La signora ha dichiarato di usare da sei anni la canapa per i suoi effetti miorilassanti e analgesici; del fatto sono informati i medici che la seguono.
La signora ha dichiarato: "O mi cercherò uno spacciatore oppure sarò costretta ad aumentare i dosaggi di farmaci, quali il Valium, che mi danno effetti collaterali".
Nel verbale si legge che le sanzioni previste potranno essere sospese "qualora l'interessato richieda di essere avviato a un programma di recupero". "Magari ci fosse un programma di recupero per la mia malattia", ha commentato la signora.
Questa la notizia; in poche righe, tutta la follia legislativa che negli anni si è accanita su una pianta, la canapa, alla quale decenni di demonizzazione cieca non sono riusciti a togliere il credito, sia terapeutico che ludico, del quale gode presso tutti i popoli del mondo. A fronte di un effetto terapeutico conclamato dalla saggezza popolare e dai risultati di studi scientifici, è proibito coltivarla in casa propria, è proibito acquistarla, detenerla, cederla; ed è proibitivo il prezzo al quale le unità sanitarie rivendono i farmaci a base di canapa, che solo loro hanno il monopolio di importare dall'estero.
Non è più sopportabile, nè sostenibile, una politica che impedisce l'accesso a farmaci efficaci senza alcun motivo valido, punendo contemporaneamente anche la coltivazione domestica. Da leggi proibizioniste e illiberali deriva e risulta la violazione dei diritti del malato. Di fronte a fatti come quello di Venezia emerge chiaramente l'urgenza di porre un termine, o almeno un freno alla deriva autoritaria in tema di sostanze stupefacenti, risultata oltretutto assolutamente inefficace.

27/08/08

@.r.a. a Perugia

CONFERENZA STAMPA A PERUGIA, 26 AGOSTO 2008

Per prima cosa desidero sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: se mi si dimostrasse che i test antidroga effettuati al momento della richiesta o del rinnovo della patente servono a garantire un significativo aumento della sicurezza stradale, sarei la prima ad essere d’accordo. Quello che io voglio mettere in dubbio è l’utilità di tali test e la scelta di destinare risorse pubbliche al suo acquisto massiccio invece che impiegarlo in altro modo. E’ un vizio italiano quello di strillare anatemi che diventano presupposti a leggi emergenziali invece di affrontare l’insieme complesso e differenziato delle concause. Lo schema è noto: si prende un fatto di cronaca particolarmente drammatico e lo si usa, generalizzandolo, per creare capri espiatori e cacce alle streghe.
Così il barbaro omicidio della signora Reggiani scatenò una compagna contro i romeni, rumeni e rom, confusi tutti nello stesso calderone; così, oggi, la tragica morte di una giovane donna incinta diventa il motivo per il quale Giovanardi può dare il via ad una offensiva su diversi fronti: lotta ai rave e alle smart drugs, ausilio medico per i test antidroga sulle strade, test antidroga per alcune categorie di lavoratori, test antidroga per chi vuole prendere o rinnovare la patente.
Questa conferenza stampa è convocata specificamente su questo ultimo aspetto, cioè sulla sperimentazione che parte a breve, fra le altre città, qui a Perugia.
Il test che verrà eseguito nel corso della visita medica per l’ottenimento e il rinnovo di patente e patentino è quello che vedete nella documentazione distribuita, cioè TEST ANTIDROGA ISCREEN OFD, il Test Antidroga che rileva tramite saliva la presenza delle seguenti droghe: Cocaina, Anfetamine, Oppiacei, Marijuana, Penciclidine, Metanfetamine, come pubblicizzato nel sito della casa produttrice Comifar, che ne vanta l’esclusiva.
Come si vede dalle tabelle pubblicate dalla stessa casa produttrice del test, la permanenza nella saliva delle tracce di droga varia da un minimo di 6-12 ore per il THC, principio attivo della canapa fino a 1-3 giorni per le altre 5 droghe ricercate, anfetamina, cocaina, metanfetamina, oppiacei, penciclidine.
Questo già costituisce un grosso limite per il test, bastando al massimo tre giorni di astinenza per superarlo a testa alta; c’è poi un esperto americano che si è divertito a cercare in internet tutti gli antidoti, le scappatoie, e ne ha trovati 800! non si capisce poi come mai il Giovanardi abbia invocato l’inaffidabilità dei test eseguiti dalle Forze dell’Ordine sulla saliva come motivazione per affiancargli unità sanitarie, questo a partire da venerdì 29 agosto, dove poter eseguire test meglio approfonditi, e pensi poi di affidare agli stessi test la concessione o meno della patente.
Comunque, proseguendo, anche se l’esaminato non bara e supera il test onestamente non è detto che non faccia uso di droghe in seguito, né che si metta alla guida quando le usa. D’altra parte, il ragazzo alla visita per la patente non ci arriva certo guidando, e il consumo occasionale è cosa diversa dal consumo abituale.
L’operazione quindi rientra non certo nella prevenzione per la sicurezza stradale, casomai rientra nella cosiddetta guerra alle droghe di stampo proibizionista che Giovanardi ha sposato, senza considerare i segnali che arrivano da ben più autorevoli testimoni. Per esempio, in Inghilterra, Julian Critchley, collaboratore dell'ex zar antidroghe laburista Keith Hellawell, ha dichiarato recentemente: “E' inutile la politica "dura" contro le droghe; la legalizzazione è il modo migliore per ridurne la pericolosita' sociale.”
Nella stessa direzione le dichiarazioni di Jonh Carnevale, che ha trascorso quasi 15 anni nell'ufficio presidenziale americano in quanto esperto della lotta nazionale alle droghe, lavorando sul budget, sulle strategie e verificandone l'efficacia. Il funzionario dichiara: “fin dagli anni '90 abbiamo capito che le politiche dell’interdizione non diminuiscono il consumo . . . e soprattutto sono costose.”
C’è poi l'ultimo rapporto della UK Drug Commission, secondo il quale la guerra alla droga fa sprecare miliardi di sterline. Sotto accusa sono in particolare i tradizionali metodi di lotta al crimine, che non funzionano mentre nel 2005-2006 il Governo ha fatto spendere 380 milioni di sterline, a questo scopo, e il salasso per la spesa pubblica in relazione al sistema giudiziario è più di 4 miliardi di sterline.
Il peso economico della sperimentazione che partirà a Perugia ( il prezzo del singolo test, al pubblico, è di 36 euro ) verrà addossato ai cittadini e contribuenti, mentre contemporaneamente si diminuiscono i fondi destinati alle forze dell’ordine, rendendo ancora più rari i controlli ordinari su strada riguardo ai comportamenti alla guida, a cominciare dalla velocità, che resta la causa prima degli incidenti stradali.
Non ci si preoccupa di sensibilizzare i giovani ai rischi che corrono, di informarli sulle conseguenze dell’uso di sostanze psicotrope sulla guida; non ci si preoccupa delle spinte mediatiche all’acquisto di macchine che vanno ben oltre i limiti di velocità di legge, da una parte, e di alcoolici dall’altra. Non si sanzionano se non in minima parte gli eccessi di velocità, se non con il proliferare di indiscriminati autovelox che spingono alla furbizia piuttosto che alla prudenza. E se anni fa all’automobilista stanco si consigliava una sosta e un sonnellino oggi gli si offre, a cura della società autostrade, un caffè: cioè una droga legale, tanto droga che la caffeina veniva considerata, ed era usata, come doping fino a pochi anni fa.
L’offensiva proibizionista messa in atto da Giovanardi e dai suoi collaboratori, che aggrava la legge da lui scritta e non sta portando alcun frutto positivo se non il consistente aumento dei finanziamenti alle comunità e ai produttori di test, deve subire uno stop deciso. Non si può sottoporre a controllo preventivo, e criminalizzare, una intera generazione con la scusa della sicurezza stradale. Le ultime dichiarazioni di ieri di Giovanardi sono poi davvero stupefacenti perché afferma di essere contrario anche al guidatore designato, che è il ragazzo che a turno si impegna a non fare uso né di alcool né di droga e si mette alla guida; questo tipo di soluzione è in uso già da decenni nel nord europa, ed esiste anche la figura del guidatore designato a pagamento, cioè un ragazzo che si fa dare qualche decina di euro da ciascuno e rimanendo sobrio accompagna tutti per discoteche e poi a casa. Ma a Giovanardi non va bene neanche questo, perché, dice, comunque le 4 mattina sono l’ora meno adatta a mettersi alla guida. Che cosa vuole Giovanardi? Coprifuoco e tutti a letto con le galline? Si controlla non solo chi non mette in atto comportamenti non corretti alla guida, ma anche chi non guida, incrinando ulteriormente il già fragilissimo rapporto di fiducia che dovrebbe legare il cittadino e le istituzioni. Come antiproibizionista radicale mi auguro che da Perugia parta un movimento d’opinione capace di produrre un ripensamento su questa pioggia di provvedimenti inutili, inefficaci e costosi.
In conclusione, una osservazione: se l’indignazione per la morte della signora Reggiani ha prodotto una sollevazione contro i romeni, se la morte della ragazza incinta a Anzio ha scatenato una rivolta contro i drogati alla guida, come mai, per esempio, il migliaio di morti sul lavoro non producono una sollevazione contro i datori di lavoro che non rispettano le norme di sicurezza e le innumerevoli morti per tumori da inquinamento non scatenano una rivolta contro gli amministratori che tali inquinamenti hanno permesso?
E dopo questa annotazione vi ringrazio per l’attenzione
Claudia Sterzi

@.r.a.