30/06/15

News: report ONU e EMCDDA 2015

Giugno 2015, gli ultimi dati istituzionali sul consumo e commercio di sostanze stupefacenti. 



Trovate i dati europei, raccolti ed elaborati dalla EMCDDA (European Monitoring Centre for drugs and drug addiction) al link qua sotto, scaricabili in lingua italiana.

Report EMCDDA
    

I dati Onu, invece, in lingua inglese, e sommario in francese e spagnolo, qui sotto.




28/06/15

Musica "leggera", canzoni in tema / 1




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ANTIPROIBIZIONISMO RADICALE A BRUSSELS

Il 13 luglio, nella sede di Bruxelles del Parlamento europeo si incontreranno esperti ed addetti per un convegno dal titolo “Le politiche europee sulla lotta contro il traffico di droghe e crimine organizzato : valutare un nuovo approccio alle droghe leggere“, organizzato da Ignazio Corrao, deputato europeo del M5s.

Sono stata invitata a rappresentare gli antiproibizionisti radicali, e ne sono orgogliosa e commossa, senza alcuna retorica. Che questo invito mi sia arrivato ha stupito me per prima, ma dimostra, a mio avviso, che scegliere un argomento e studiarlo, studiarlo, studiarlo, alla fine paga, in particolar modo se l’interesse è sincero e la materia scelta appassiona.
Nel 2008 ero stata invitata dall’allora deputato europeo Marco Cappato allo stesso Parlamento europeo, per un workshop organizzato dall’ALDE, “Illicit drug market”; i lavori furono aperti dal saluto di Fernando Henrique Cardoso, già presidente del Brasile, che descrisse come nella realtà brasiliana il mercato delle droghe si intrecciasse con la corruzione politica, la criminalità e la violenza, e come i trafficanti fossero dotati di una milizia parallela e arrivassero ad influenzare i mass media e lo stesso Parlamento. La conclusione fu che i tragici costi in vite umane obbligavano ad un ripensamento delle politiche repressive radicate in visioni ideologiche; se l’argomento è tabù, per ridurre i costi per la società occorreva, secondo Cardoso, partire dai dati applicando lo stesso pragmatismo che ha guidato la lotta all’HIV, permettendo una legalizzazione delle droghe per chi accetti di affrontare cure e programmi di recupero, affidando i tossicodipendenti al sistema sanitario e non più a quello carcerario, depenalizzando le piccole quantità di cannabis, in una visione reale che non fosse ostaggio di pregiudizi.
Il documento della Global Commission sarebbe uscito nel 2011, e le parole di Cardoso suonavano nuove, dopo 50 anni di war on drugs imposta a tutti i paesi del mondo, una contestazione precisa, pacata, fondata sulle evidenze.
I documenti e gli incontri che sono seguiti hanno rappresentato un crescendo di voci ragionevolmente critiche contro le politiche ONU sulle droghe; il percorso che viene proposto è graduale, e inizia dalla legalizzazione delle cosiddette droghe leggere, cioè la canapa, e dal diritto alla autocoltivazione, coinvolgendo, in questo aspetto, anche le riforme della coltivazione della pianta della coca nei territori andini.
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La canapa rappresenta senza dubbio un caso a parte, sono dichiaratamente convinta della necessità della legalizzazione del mercato della canapa; altrettanto sono convinta che fino a che non affronteremo anche la gestione legale di tutte le droghe non avremo pace, tanta è la violenza, la ingiustizia, il dolore e la malattia portate dalla strategia proibizionista che in questi 50 anni ha prodotto nessun risultato positivo e una cascata immane di effetti negativi e dannosi.
La canapa rappresenta un caso a parte perché è la meno tossica, secondo tutti i parametri esistenti; va anche ricordato che la canapa è una sostanza che si consuma sotto forma di pianta, e non di composto chimico derivato, a differenza della maggioranza delle sostanze che circolano. Una pianta in sé non può essere proibita, appartiene al mondo, e spesso le piante “stupefacenti” sono anche farmaci. Un uso tradizionale del papavero, che fosse laudano o decotto per addormentare i bambini, è sopravvissuto per secoli senza provocare grossi scompensi sociali; è dopo la estrazione chimica del principio isolato, la trasformazione in morfina, eroina, e tutti i moderni derivati, legali ed illegali,  che gli oppiodi sono al centro di problematiche sociali gravi e costose.
Come antiproibizionista radicale, voglio quindi sollecitare una attenzione su due annotazioni.
Una è che la legalizzazione della cannabis è improrogabile; è ora che la Europa faccia la sua parte, dopo le coraggiose prese di posizione dall’America Latina, dal Brasile fino all’Uruguay, e in tutti quei paesi, e dopo le iniziative popolari che negli States hanno portato ai referendum e una progressiva e crescente revisione delle leggi, verso la depenalizzazione e la regolamentazione.
Alcuni paesi europei hanno seguito un disegno di sperimentazione di politiche alternative, a cominciare dal Portogallo che già nel 2001 ha dato il via a una legalizzazione di tutte le droghe, in una ottica sanitaria e non più poliziesca, fornendo un caso di analisi emblematica delle conseguenze di questo tipo di riforme. Esistono Cannabis Social Club in molti paesi europei, mentre in altri, come Italia e Francia, restano strettamente proibiti. In Italia siamo da poco stati liberati dalla legge Fini Giovanrdi, dichiarata incostituzionale, ma vige ancora il carcere per la coltivazione anche di una sola pianta nel proprio privato giardino o balcone, e voglio ricordare le incessanti disobbedienze civili che i radicali hanno condotto in Italia e non solo, fino dal 1970, anno della prima disobbedienza civile di Marco Pannella in tema di cosiddette droghe leggere; nel 1990 Emma Bonino, allora presidente del Partito radicale, fu arrestata a New York, dopo aver consegnato ai poliziotti di guardia al Municipio alcuni pacchetti di siringhe sterili. Con loro decine di militanti del Partito Radicale che nel corso dei decenni hanno fatto della disobbedienza civile un metodo politico di informazione e di contrasto.
La questione riguarda l’Europa, dal punto di vista della sanità, della sicurezza, dei diritti dei consumatori, e non ultimo dei diritti dei cittadini europei alla libertà dei comportamenti privati, visto che l’Europa nasce laica, e tale mi auguro che rimanga. In questo senso il primo punto è, in sintesi, questo:
La legalizzazione della cannabis è improrogabile, è ora che la Europa faccia la sua parte, in una prospettiva di graduale uscita dalla war on drugs, con tutte le conseguenze che si porta e che ci riguardano, dal riciclaggio al terrorismo, dalla corruzione alla violenza sociale. Il tragico esperimento storico del proibizionismo americano sugli alcolici, e quello reiterato con la war on drugs, ci deve servire da esempio.
La seconda è che un particolare  accento deve essere messo sulla libertà di coltivazione, sia quella privata, che in club o circoli, o anche aziende commerciali legalmente costituite. La libertà dei comportamenti personali e le libertà di commercio e di impresa coincidono, in questo caso; la canapa merita di ritrovare il suo posto alla luce del sole nei suoi impieghi, terapeutico, industriale, libero. La libera coltivazione domestica bilancia il rischio di monopoli di semi, di genetiche, di commercio; rende più efficace il taglio alle entrate della criminalità organizzata, anche se, in assenza di una parallella revisione delle leggi su tutte le droghe, saranno scontati riconversioni di investimenti e riposizionamento su altri settori del mercato. In sintesi, il secondo punto è:
Libera coltivazione in libera Europa. I proibizionismi, così come i protezionismi, avvelenano l’economia e violano i diritti costituzionali.
Claudia Sterzi