21/09/14

Verso Vienna 2015

Conferenza Latinoamericana sulle politiche per le droghe, in San José, Costa Rica

“Sintesi finale
L’America Latina ha una propria voce e cerca di essere protagonista nella trasformazione di un percorso che fino ad ora ha portato solo guerra, violenza e la criminalizzazione dei settori più deboli dei nostri popoli”. Con questa frase del Coordinatore Generale del Comitato organizzatore, Pablo Cymerman, si potrebbe riassumere la prospettiva che ha concluso questa V^ Conferenza Latinoamericana sulle politiche per le droghe, realizzata in San José, Costa Rica, organizzata dalla Confederazione CONFEDROGAS e l’organizzazione locale ACEID.
Due giorni di intenso dibattito, con la partecipazione delle più alte autorità del paese ospite e funzionari dei governi della regione, dei rappresentanti delle principali agenzie delle Nazioni Unite e della Organizzazione degli StatiAmericani, OEA, dei principali esperti e attivisti della società civile, hanno reso chiaro che l’America Latina cerca di dirigersi verso un cambiamento di paradigma nelle politiche sulle droghe, che rispetti i diritti umani, che consideri i consumatori di droghe come soggetti di diritto e affronti il consumo problematico di droghe facendone una questione di salute pubblica. E stata sollevata anche la necessità di avanzamenti nelle politiche di regolamentazione del mercato delle droghe.
Gli Stati della regione saranno presenti, con le conclusioni della V^ Conferenza, nella Assemblea Generale Straordinaria dell OEA sulle droghe, che avrà luogo il 19 settembre in Città del Guatemala.
Più di 500 partecipanti arrivati da tutti i paesi della regione hanno riempito il salone principale dell’Hotel Radisson per seguire attentamente lo svolgersi delle commissioni e parteci pare ai numerosi eventi satelliti nell’incontro più importante dell’America Latina riguardo alle politiche sulle droghe. Ha avuto incarico di pronunciare le prime parole Celso Gamboa, Ministro della Sicurezza in Costa Rica, che ha aperto la conferenza in nome del presidente di Costa Rica, Luis Guillermo Solís. “Gran parte della lotta contro il narcotraffico ci porta alla criminalizzare la povertà”, ha sottolineato, rimarcando che si debbono concentrare gli sforzi contro quelli che maneggiano i capitali economici”. “Abbiamo combattuto la violenza con la violenza e il risultato non è stato utile se non a generare più violenza ancora. Il Ministro ha detto che “il Parlamento sta discutendo della legalizzazione della cannabis a fini terapeutici, questo dimostra che siamo un paese aperto alla discussione e permeabile alle nuove idee”; ha poi concluso: “dobbiamo rifondare le strategie con uno sguardo alla sanità pubblica ma anche alla questione economica, è ora di finirla con la punizione come soluzione a questo problema. Se non ci concentriamo sulla prevenzione raccoglieremo frutti avvelenati”.
Fonte: CONFEDROGAS


20/09/14

Aggiornamenti dalla Cina

Le prime notizie sono uscite intorno a metà agosto, sul Beijing Times: l’attore Jaycee Chan, figlio della star del cinema di azione e di arti marziali di Hong Kong, Jackie Chan, fermato dalla polizia di Pechino e arrestato. Risultato positivo alla marijuana, il figlio del divo, 32 anni, noto in Cina come musicista, cantante e attore, è finito in manette insieme all’amico e collega taiwanese Ko Chen Tung, altro volto noto del cinema orientale. La polizia cinese ha rinvenuto nell’abitazione del figlio di Chan 100 grammi di marijuana, sufficienti a far scattare l’arresto avvenuto il 14 agosto scorso.  Jin Zhihai, direttore dell’Ufficio antidroga di Pechino, ha dichiarato: “Se c’è un giro di vite sulla droga, il numero dei trasgressori trovati in flagrante è destinato a salire anche tra le celebrità”.
La Cina è saldamente impostata su un percorso proibizionista e per l’opinione pubblica "i bravi ragazzi non usano droghe"; la società cinese è apparsa, o si è voluto farla apparire, sconvolta dalla notizia. Il presidente Xi Jinping ha dichiarato l'intenzione di "reprimere duramente" droghe, edonismo e stravaganza tra i ricchi cinesi, prendendo di mira deliberatamente l'industria del divertimento, un modo di rispondere alla insoddisfazione sul crescente divario di ricchezza nel paese; l'intenzione dichiarata è di eseguire arresti di alto profilo per dare un avvertimento alla società in generale, con un messaggo: Non importa chi tu sia, l'uso di droghe è inaccettabile.
La situazione dei tossicodipendenti in Cina è tristemente famosa e l'uso di droghe è affrontato come un problema legale, giudiziario e di polizia; la risposta primaria è una severa applicazione della legge. Eppure la Cina si trova ad affrontare una realtà sempre più difficile e a livello nazionale ci sono 2.580.000 tossicodipendenti registrati, ma il numero effettivo di persone che fanno uso di droghe illegali regolarmente è stimato in 12 milioni, al minimo. Eroina, droghe sintetiche come la metamfetamina, ecstasy e ketamina sono in aumento e la rapida crescita economica della Cina ha creato una vasta classe media, dove le droghe sintetiche sono sempre più popolari. L'uso di crystal meth è comune tra i lavoratori del sesso e i loro clienti (un documento 2009 ha stimato che fino a 10 milioni di lavoratori di sesso femminile in Cina vedono regolarmente oltre il sei per cento della popolazione maschile di età compresa tra i 20 ei 64 anni). Il numero di infezioni da HIV è sconosciuto, ma come sempre laddove non sono attivi i principi della riduzione del rischio, e di un trattamento sanitario invece che poliziesco, la diffusione di HIV, AIDS, epatite C ecc. è ben più alta che nei paesi che ne riconoscono invece la validità. Sempre nel 2009, comunque, un rapporto del governo cinese ha ammesso l'HIV / AIDS come causa principale del paese di morte tra le malattie infettive.
Il possesso di droga per uso personale è tecnicamente classificato come un reato amministrativo minore in Cina, ma la punizione è molto dura lo stesso, una multa e fino a 15 giorni di “detenzione amministrativa”; la pubblica sicurezza può inviare coloro che sono ritenuti tossicodipendenti in un centro di disintossicazione obbligatoria per un massimo di tre anni, e fino a tre anni successivi di "riabilitazione alla comunità." In tutto, sei anni di detenzione, sanzione che può essere imposta anche esclusivamente a discrezione della polizia, senza passare attraverso un tribunale. La politica cinese mira a rilevare e a schedare i consumatori di droga, ma prevede un trattamento molto limitato per le persone che sono dipendenti.
La politica della Cina gira ancora intorno ai centri di disintossicazione obbligatorie; anche se il paese ha abolito la rieducazione attraverso il lavoro, esiste una rete di 300 campi per la punizione di una serie di reati minori e dissenso politico e alcune ex strutture di campi di lavoro sono ora semplicemente stati trasformati in centri di disintossicazione obbligatori.
Un ultimo  aggiornamento sul caso Jaycee Chan è uscito su El Universal del 18 settembre:
“PECHINO - Jaycee Chan, il primogenito dal famoso attore di arti marziali Jackie Chan, è stato formalmente arrestato con l'accusa di droga, quasi un mese dopo che la polizia lo ha sorpreso a fumare marijuana a Pechino.
I procuratori del distretto Dongcheng di Pechino hanno confermato l'arresto di Jaycee Chan, con l’accusa di "ospitare tossicodipendenti", un reato che può costare fino a tre anni di carcere, secondo quanto ha pubblicato oggi la stampa locale. La conferma dell ’arresto significa che il caso  Jaycee sta progredendo. Ora le autorità dovranno decidere se imputarlo penalmente.  Jaycee Chan, 32 anni, è stato arrestato dalla polizia il 14 agosto con il suo amico e attore taiwanese Ko Chen-tung, 23 anni, conosciuto anche come Kai Ko, in un centro per il massaggio ai piedi di Pechino.
Le forze di sicurezza hanno sequestrato più di 100 grammi di marijuana a casa di Chan, e l'operazione di polizia effettuata a casa del figlio di Jackie Chan ha portato ad accuse più gravi di quelle contestate a Kai Ko, stella del cinema, recentemente apparso in una campagna anti-droga. Le autorità hanno punito Ko con una “detenzione amministrativa” di 14 giorni dopo che ha ammesso di aver usato marijuana e dopo il rilascio, l'attore taiwanese ha tenuto una conferenza stampa con i suoi genitori e il suo agente per scusarsi del suo comportamento.
Il famoso attore e padre del detenuto, Jackie Chan, è stato nominato "Ambasciatore per la droga" nel 2008 dalle autorità cinesi, e ha chiesto scusa per il suo primogenito, pubblicamente, ed ha espresso la volontà di aiutarlo nel suo recupero. Chan padre è uno dei più popolari attori  in Oriente e in Occidente, grazie soprattutto ai suoi film d'azione e di arti marziali, come "Die Hard", "Supercop", o il recente remake di "Karate Kid". Suo figlio, conosciuto anche con il nome mandarino, Fang Zuming ha recitato in diversi film in Cina e Hong Kong, e ha dato voce a uno dei personaggi della serie animata "Kung Fu Panda".
Il suo arresto e quello dell'attore taiwanese fanno parte di una campagna anti-droga che Beijing City ha lanciato quest'anno e finora ha portato all'arresto di oltre 7.800 persone, tra cui celebrità come un altro famoso cantante cinese Li Damo, il regista Zhang Yuan o l’attore Roy Cheung.
Il consumo di droga, quasi completamente debellato in Cina ai tempi del maoismo (1949-1976), è tornato negli ultimi decenni, contemporaneamente allo sviluppo economico nazionale e droghe di sintesi, come la metanfetamina, sono particolarmente popolari nelle grandi città come Pechino e Shanghai, e tra i giovani consumatori ci sono personalità politiche, commerciali e artistiche del paese.”


18/09/14

Io non credo, di Claudia Sterzi. "Rovigo e dintorni"

Centro di Ricerca industriale, Rovigo. Canapa.
Io non credo. Non credo alla teoria del complotto, e a nessuna visione del mondo che preveda un gruppo di uomini, semialieni o rettili, che decidono le sorti del mondo e manipolano le menti; casomai, piuttosto, la società umana si riproduce quotidianamente secondo una logica di dominio e di potere che è insita nella natura stessa.
Eppure, a seguire le vicende della war on drugs nell' ultimo secolo, si ha davvero l' impressione che un complotto esista, un complotto che lega globalmente le politiche proibizioniste con i flussi del denaro nero, con la potenza della criminalità organizzata narcotrafficante, schiavista e terrorista, con il controllo della popolazione, la corruzione politica e militare, la violenza sociale e ambientale, l'incarcerazione di massa, e tutto quel che c'è di spregevole nella storia umana.
Non stupisce, quindi, che l' Italia sia destinata a rimanere una delle ultime Enclave del sistema proibizionista, data la forza e la diffusione delle mafie nazionali; in questa ottica l' annuncio dello Stato, di voler avviare la produzione di un farmaco cannabinoide, affidandone la coltivazione e la lavorazione ad un centro di ricerca ministeriale e a un istituto farmaceutico militare, è perfettamente in linea. Si accontentano le istanze “civili” in rivolta contro la preclusione all'accesso ai farmaci, una deriva proibizionista che, demonizzando una pianta, ne negava i benefici; si mantiene lo stretto controllo sulla ricerca chimica farmaceutica in campo di sostanze stupefacenti, affidata da sempre all'esercito; ci si dimostra democratici, semplicemente dando corso ad un diritto che era già in Costituzione dal 1946; si smonta la fragile costruzione della battaglia per il diritto all'autocoltivazione limitato ai malati, un assurdo politico costruito sul niente, perché il diritto, o la libera facoltà, all'autocoltivazione e all'autodeterminazione dei comportamenti privati è cosa che riguarda tutti i cittadini, e che tutti i cittadini devono combattere, se si vuole avere una speranza ancorché lontana di vittoria.
Dal punto di vista della lotta antiproibizionista, questa è una sconfitta ben mascherata, che ci rallegra solo per quei malati che legittimamente combattevano per un farmaco standardizzato, disponibile, accessibile; l'argomento cannabis terapeutica, altamente inflazionato nei temi antiproibizionisti, non ha più alcun valore, quando tra pochi mesi potranno andare in farmacia ed averlo, come qualunque altro farmaco. Inoltre è incoraggiante presentire come la canapa stia riprendendo il suo posto, di pianta utile e multiforme, non più associata soltanto con “droga” e “criminalità”, anche a “industria”, “economia”, “ricerca”, “eccellenza italiana”.
Da antiproibizionista apprezzo la scelta dell' Istituto farmaceutico militare, che ci mette al riparo da attacchi della destra ideologica, diffidente e polemica, chi più affidabili dei militari? J In ogni caso, l'avanzamento nel diritti ai farmaci cannabinoidi sgombra il campo e lo chiarisce. 
La lotta per la libera coltivazione domestica, sostenuta da un movimento mondiale che vede nella libera coltivazione della canapa (e delle foglie di coca, per ora, ma ben presto anche del papavero da oppio, per il diritto alle terapie del dolore, o cure compassionevoli) il primo passo di un percorso di uscita dalla devastazione della war on drugs, dovrebbe proseguire con slancio, ora che è liberata dall'aspetto terapeutico, se non in una accezione di prevenzione, e, di nuovo, di autodeterminazione delle cure, diritti che riguardano tutti i cittadini e non solo alcune categorie, malati, tossicodipendenti, imprenditori, ecc.
Il secondo motivo che fa dell' Italia una Enclave proibizionista, dopo la forza delle mafie sul territorio e sul governo, è la litigiosità e la disunione dei movimenti antiproibizionisti. Da qui, come sempre, bisogna ripartire. Voce che grida nel deserto?