15/05/14

Che cosa non cambia con la nuova legge sulle droghe, cioè niente.

Nel mondo si discute sul fallimento della guerra alla droga; ne scrivono premi Nobel, economisti, scienziati, capi di Stato e di Governo, funzionari, artisti, cani e gatti e porci. Non nel Parlamento italiano dove si va avanti a decretazione di urgenza e svolte che fanno svoltare solo chi le promuove.
Così ieri è stato trasformato in legge il decreto Lorenzin; stesso strumento legislativo, sanzionato dalla Corte costituzionale non più tardi di tre mesi fa, stesso impianto proibizionista, stesse facce con in testa Giovanardi, nominato relatore in Aula ( N.B.: Presidente della Giunta per le autorizzazioni, Presidente del Comitato Parlamentare per i procedimenti di accusa, Membro della I Commissione Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e Interni, Membro della II Commissione Giustizia, e, last but not least, candidato sindaco a Modena).
Che cosa non cambia? Scusate se per prima cosa rilevo che la coltivazione domestica di canapa resta un reato penale; e che, oggi come ieri e altro ieri, la stessa quantità di canapa, per uso personale, trovata in tasca o in casa, se deriva da un acquisto in piazza è illecito amministrativo, se coltivata in proprio è reato penale. Questo mentre si riconosce universalmente, anche se in Italia non ci se ne accorge, che un primo passo graduale di uscita dalla scellerata strategia persecutoria messa in moto 50 anni fa è esattamente la legalizzazione della coltivazione per uso domestico.
Grazie al referendum promosso dai radicali nel 1993, l’uso personale non è proibito, e non dà luogo all’arresto; però non vi crediate di passarla liscia, ancora oggi è possibile levarvi patente, passaporto, paternità, maternità, farvi perdere il lavoro, la famiglia, ridurvi un reietto della società, spedirvi in una comunità terapeutica, farvi analizzare tutte le settimane, imporvi l’obbligo di firma. E scusate se è poco.
Resta vietato, e dà luogo a sanzioni penali, coltivare, produrre, fabbricare, estrarre, raffinare, vendere, offrire o mettere in vendita, cedere o ricevere, a qualsiasi titolo, distribuire, commerciare, acquistare, trasportare, esportare, importare, procurare ad altri, inviare, passare o spedire in transito, consegnare per qualunque scopo o comunque illecitamente detenere, quantità che non sono ancora fermamente stabilite, e che potrebbero anche cambiare a sorpresa e a piacimento di questo o quel Governo.
Certo, le pene per quanto riguarda la cannabis sono diminuite, se erano previsti dai 6 ai 20 anni con la Fini Giovanardi, ora il peggio che vi possa capitare è subire una condanna di soli 6 anni (più 77.468 euro di multa), e al meglio di 2 (più 5164 euro di multa); aumentano invece le pene per tutte le altre sostanze, e per qualche tiro di coca o qualche pasticca vi beccate la reclusione da otto a venti anni e la multa da lire cinquanta milioni a lire cinquecento milioni (la conversione in euro fatela voi, che a me scappa da ridere).
Per le “droghe leggere” diminuisce anche il periodo per il quale potete essere sottoposti a sanzioni, in caso che riusciate a pagarvi un buon avvocato e a dimostrare l’uso personale, ma ce n’è comunque abbastanza per rovinarvi la vita.
Per armonizzare questo abburatto di legge con i decreti svuotacarcere, resta in vigore l’eccezione di lieve entità, equiparata per pesanti e leggere, con una incoerenza ferrea.
Che cosa ci sia da festeggiare, nell’arcipelago senza traghetti del mondo antipro italiano, non si capisce. Anche lo spadone di Damocle dell’inserimento in tabella “pesanti” della cannabis, qualora contenga un quantitativo considerato troppo alto di THC, resta intatto e presente, è solo questione di tempo. Poi sarà come dire: “Signor Governo, mi posso sballare a casa mia, e senza dare noia a nessuno?” “Sì, ma poco poco, e ti sfracasseremo la minchia lo stesso”.
E, come si va ripetendo da decenni, cui prodest? Indovinate un po’, quale sarà l’effetto dell’aumento di pene per le “pesanti” … quello di aumentare i prezzi, aumentando il rischio? Bravi. E chi beneficerà di tale aumento? La criminalità organizzata. Esatto.




4 commenti:

Unknown ha detto...

complimenti bel articolo...
governo mafioso!!!!
legalizziamola!!!!!!!

Antoine Doinel ha detto...

L'elefante ha partorito il topolino.
E' vero che alla Corte dell'antipro non gliene poteva fregare di meno e noi poveri illusi che pensavamo di cavalcare l'onda.Alfano detta la linea e quel triste figuro di G. ha ancora diritto di parola.No, non c'é proprio niente da festeggiare.

Gilla ha detto...

Utile e chiaro come solo tu sai essere.
C'è solo un punto su cui non sono d'accordo, ma solo perché è il posto su cui sono informata in questo momento. Non è ancora così scontato il diritto all'autocoltivazione. Qui in canada hanno appena fatto un casino, cambiando una legge che fino a un mese fa dava la possibilità a 30.000 persone di coltivare e ora l'ha fatta diventare una questione "aziendale". 10 aziende sono le uniche autorizzate, per 30.000 di abitanti e si stima 500.000 consumatori.
Qualcuno mi diceva "sempre meglio che in Italia". Non lo so.
In pratica l'Italia sta prendendo esempio dai paesi sbagliati invece che da quelli giusti ? http://www.fainotizia.it/inchiesta/05-05-2014/cannabis-terapeutica-il-canada-si-riscopre-proibizionista

Unknown ha detto...

Ciao Gilla; "si riconosce universalmente" non era riferito alle scelte di questo o quel governo, ma a quello che stabiliscono gli studi di (quasi) tutti quelli che cercano un nuovo approccio alla questione. Non potendo da domattina vendere coca ed ero nelle edicole, per evidenti motivi di ordine pubblico e sociale, si riconosce che il primo passo di uscita dalla "war on drugs" è la legalizzazione della coltivazione domestica di canapa; di pari passo la battaglia di Morales in Bolivia per rendere alle popolazioni andine la libertà di coltivarsi coca, e ci sono i primi accenni di una simile iniziativa in Oriente per quanto riguarda il papavero da oppio.