16/09/11

TRE PUNTI DI VISTA SULLE DROGHE

La stampa italiana si è occupata questa settimana dei dati contenuti nel Rapporto della Agenzia ONU sulle droghe e sul crimine ( e già dal nome si capisce la linea ), un Rapporto che l’ UNODC ((United Nations Office on Drugs and Crime ) produce ogni anno, e che questo anno si è sovrapposto al Controrapporto della Commissione Globale; il fatto che quest’ ultima vedesse una forte partecipazione di ex funzionari ONU, primo tra tutti Kofi Annan, ha generato qualche equivoco, che non avrà fatto certo ridere l’ UNOCD; fra altri diretti messaggi critici, la Global Commission si esprime così: “Le istituzioni dell’ ONU per il controllo sulle droghe hanno lavorato in gran parte come difensori delle strategie tradizionali. Di fronte alla evidenza crescente del fallimento di tali politiche, sono necessarie delle riforme. C’è stato qualche incoraggiante riconoscimento da parte dell’ UNODC sulla necessità di bilanciare e modernizzare il sistema, c’è tuttavia ancora una forte resistenza istituzionale a queste idee”.
Nel World Drug Report 2011, si evidenzia come il mercato di droghe sintetiche sia in costante crescita, particolarmente in Europa, risultando secondo solo alla cannabis. Si può facilmente immaginare, dal punto di vista di chi si arrichisce con le politiche poliziesche e proibitive, quanto sia più vantaggioso il mercato delle droghe sintetiche rispetto a quelle “tradizionali” (canapa, coca, oppio, principalmente); eliminato ogni rischio per le coltivazioni che, outdoor o indoor che siano, richiedono tempi lunghi, spesso le nuove sostanze sintetiche vivono per i primi due o tre anni in modo legale, fino a che la legge non va a colmare il vuoto e le inserisce nella tabella degli stupefacenti, che infatti cresce a vista d’occhio, specie sotto gli occhi di Giovanardi, che vieterebbe anche il bagnoschiuma alla canapa. Invece che piantagioni e fazendas estese bastano piccoli laboratori sparsi vicino ai luoghi di vendita, ed ecco eliminato anche il rischio e le spese del trasporto da altri continenti; i controlli sanitari sono pari a zero, così come quelli merceologici, di tossicità, della finanza, ecc. l’unico controllo da temere è quello, definitivo, delle forze dell’ ordine. Ma, evidentemente, se si hanno le amicizie giuste il controllo non passa, tanto che il commercio di gocce, pasticche, pillole, cartoni, prospera e cresce.
Così il World Drug Report: “La cannabis è di gran lunga la droga illecita più largamente consumata … in termini di prevalenza annuale, la cannabis è seguita dagli stimolanti tipo anfetamina ( prevalentemente metanfetamina, anfetamina e ecstasy), gli oppiodi ( oppio, eroina e oppiodi farmacologici ) e la cocaina.” L’ UNODC azzarda anche un tentativo di spiegazione per questo aumento del consumo di droghe sintetiche: “Inoltre, molti nuovi composti di sintesi sono stati immessi sul mercato delle droghe illecite esistente. Molte di queste sostanze sono commercializzate come “droghe legali” … si è osservato un fenomeno simile per quel che riguarda la cannabis, vista la crescita della domanda di cannabinoidi di sintesi in alcuni paesi, venduti su Internet o nei negozi specializzati … Le misure di controllo applicate a questi composti variano considerevolmente da un paese all’ altro.”
Il differenziale di rischio tra coltivare, lavorare, distribuire cannabis e sintetizzare inodori composti sintetici di sostituzione è chiaro anche ai più sprovveduti. Il rischio è gran parte del valore aggiunto che una merce, una volta resa illegale, acquista, è quello che fa lievitare i prezzi dal grosso trafficante fino al piccolo spacciatore di strada o di compagnia.
Si è chiusa intanto ieri, 14 settembre, la “III Conferencia Latinoamericana sobre Políticas de Drogas”, a Citta’ del Messico. La location dell’ evento ha fatto sì che, più che delle droghe sintetiche, si discutesse della terribile violenza conseguente alla guerra alla droga, in questo caso, la guerra alla cocaina, una guerra a due facce, una più brutta dell’altra, da una parte il terrore e la miseria che tengono schiacciati milioni di cittadini latinoamericani, dall’ altra la crapula ipocrita dei vizi privati e delle pubbliche virtù imposte agli altri. I rappresentanti dell’ UNODC per l’ America latina hanno assicurato un cauto appoggio alla autonomia degli Stati, affinché possano utilizzare metodi alternativi di approccio, e facilitare il trattamento sanitario, e non detentivo, per i consumatori problematici. E’ stato ribadito come i programmi di scambio di siringhe diano prospettive di riduzione del 50% di infezioni di HIV entro il 2015, altro problema fortemente sentito in tutta l’America Latina.
Poi c’è l’ Italia, e quel che succede in Italia sulle droghe non è un punto di vista, è un disastro. Le carceri sono piene di poveracci extracomunitari che spacciavano bustine per disperazione, assoldati dalle malavite organizzate; di poveracci tossicodipendenti che non hanno i soldi per andare a curarsi in convento o in Svizzera, ed hanno la fantastica prospettiva di farsi l’astinenza e la disintossicazione o in carcere o in una comunità di Don Gelmini; di consumatori scambiati per spacciatori da un sistema terroristico di polizia; di malati, o sani, che si erano coltivati una pianta di canapa in salotto, reato punito con una pena da due a sei anni, secondo Giovanardi, e meno male che qualche giudice c’è, che comincia a porre dei dubbi.
Le carceri piene di disgraziati, e i palazzi pieni di politici corrotti e corruttibili, e ricattabili.
Sul tema droghe, la classe dirigente italiana, e in particolare il DPA attuale, non è riuscita a esprimere niente di buono, non è riuscita a produrre risultati valutabili in altro modo che non con dei dati taroccati, non ha saputo in nessun modo aggiornarsi e ammodernarsi nell’ottica di un miglioramento sociale.
Stupisce, anzi oggidì non ci si stupisce più di nulla, la tolleranza che lo stesso centrodestra nelle sue componenti liberali (ma come parlare di liberali riferendosi all’attuale Parlamento e, ancor più, all’ attuale Governo? fare i liberali tocca, anche questo, ai radicali) porta a questi due ridicoli Guardiani della Conservazione, Carlo Giovanardi e Giovanni Serpelloni, che nel 2011 vengono di nuovo a proporci argomenti di consistenza come l’ uguaglianza fra sostanze, la demonizzazione anche dello stesso dibattito pubblico e la logica inversa che predicano, che la decriminalizzaizone e la legalizzazione aumentino il consumo, falso dimostrato dalla storia, fino dalle guerre dell’ oppio, se non bastasse il più recente Al Capone.
Dover ringraziare Vittoria Brambilla che si è opposta con chiarezza agli atteggiamenti omofobi di Giovanardi (perchè i proibizionisti sono spesso omofobi, chissa come mai), concedendo il patrocinio ministeriale alla Fiera del turismo LGBT che si terrà a Bergamo, è un segno dei tempi.

Claudia Sterzi

Tarantini e la cocaina

Tarantini e la cocaina (ciò di cui non si può parlare, è proprio ciò che non va taciuto).
Contadine columbiane
Contadine columbiane
2009, 10 settembre, due anni fa – vengono pubblicati i verbali delle deposizioni e degli interrogatori resi nel luglio da Gianpaolo Tarantini, in­dagato per corruzione, favoreggiamento della prostituzione e cessione di stupefacenti, nella caserma della Guardia di Fi­nanza di Bari.
“Prima di andare in Sardegna, io, Massimo Verdoscia e Alessandro Mannarini (anche lui iscritto nel registro degli indagati per cessione di droga, ndr ) decidemmo di ac­quistare un quantitativo di circa 50-70 grammi di cocaina ed un quantitativo più ridotto di MD”.
“Io tenni per me la parte più rilevante conservandola nella cassaforte della mia camera da letto”.
“Ho acquistato stupefacenti anche in passa­to ma da altre persone”
” Le cessioni da me operate nel tempo non sono state finalizzate a coltivare relazioni pro­fessionali ma operate al fine di tenere alto il si­stema delle mie relazioni personali innanzitut­to nella città di Bari”.
Dieci giorni dopo, il 20 settembre, il pm Giuseppe Scelsi ordina il suo fermo contestando all’imprenditore lo spaccio di cocaina; secondo l’accusa non ha acquistato 50-70 grammi di cocaina, ma circa 500 grammi.
Il fermo dura assai poco, visto che nell’ agosto 2010, “dopo undici mesi di arresti domiciliari nella sua casa romana”, Gianpaolo Tarantini torna un uomo libero, per decisione del gip del tribunale di Bari. Tarantini è accusato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con altre cinque persone e chiede di patteggiare la pena a due anni e sei mesi di reclusione.
Nel giugno di questo anno l’ “imprenditore” barese viene condannato a due anni e due mesi di reclusione con rito abbreviato, per detenzione e cessione di droga. Quindi, in effetti, deteneva, consumava, cedeva, ingenti quantità di cocaina.
Non ce l’ho con Tarantini in particolare, né con la cocaina, anzi, ma si potrà pur chiedere perchè per il 99% degli italiani un reato come quello di detenere, consumare, cedere dai 70 ai 500 grammi di cocaina dà luogo a un trattamento molto diverso in termini di pene, di controlli ai quali sottoporsi, di detenzione, di limitazione della libertà personale?
Non risulta che Tarantini, così come Mele, Micciché, Marrazzo, Elkan, abbia dovuto sottostare al ritiro della patente, all’obbligo di presentarsi al Sert, ai controlli periodici di polizia, alla detenzione in condizioni ripugnanti, come succede alle migliaia di ragazzi italiani e stranieri arrestati ogni anno per molto meno.
Sarà l’ora di parlarne, invece di fare gli struzzi, della cocaina, della cocaina dei ricchi e di quella dei poveri. Quella che parte dall’ America latina e arriva in Europa, con il suo carico di disperazione e di morte che non è certo dovuto alla pianta originaria, né alla polvere derivata in sé, ma ad una politica di interessi privati in atti pubblici e di violazione dei diritti umani.

Grazie, Serpelloni.



La migliore arma dell’antiproibizionismo italiano si chiama Serpelloni; insieme a Giovanardi, sta dando una immagine molto negativa delle politiche che sostengono e dei metodi che usano. I loro comunicati evidenziano una assoluta discrepanza fra ciò che predicano da un giorno all’altro.
Nel patetico tentativo di difendere l’indifendibile “legge” Fini-Giovanardi stanno portando alla logica attacchi continui, oggi è stata la volta di Serpelloni cimentarsi nella negazione dell’evidenza. La frase, detta, e scritta, da Vasco Rossi, “Chi sostiene il proibizionismo sostiene, di fatto, gli interessi della Mafia e della malavita” è una affermazione forte, tanto più che scaturisce dall’evidenza, quale sta sotto gli occhi di tutti, dal più potente al più povero; scritta dal popolare cantante assume un rilievo mediatico che il DPA non poteva negare. Non è facile riuscire a confutarla, ma, soprattutto, perchè confutarla? Perchè difenderle, queste mafie del mondo, attribuendo le colpe e le responsabilità del loro prosperare proprio alle loro vittime?
Serpelloni distingue tra consumatori di droghe leggere e pesanti, in questo contraddicendosi la prima volta, visto che la Fini Giovanardi ha reintrodotto l’equiparazione tra, per esempio, eroina e cannabis; e attribuisce gradi di responsabilità diverse ai consumatori, a seconda della sostanza che usano. “Chi è dipendente da cocaina o eroina” vive una situazione ben diversa, dice Serpelloni, di chi acquista cannabis “per il proprio piacere personale”; qui si contraddice perchè fino a ieri veniva propagandata la “tossicodipendenza da cannabis”, mentre ora si accenna a una bella diversità tra la dipendenza e la soddisfazione di un proprio piacere personale.
Ma è il consumatore di cannabis, specificamente, che viene additato come primo responsabile della prosperità mafiosa; è lui, “che compra droga dai suoi spacciatori fornendo loro direttamente quel denaro che alimenta proprio le organizzazioni criminali”; è lui che “finanzia le mafie!”; è lui che, acquistando “anche una piccola dose di cannabis e derivati, o di qualsiasi altra droga, per il proprio piacere personale finanzia la violenza e il malaffare delle organizzazioni criminali e del terrorismo”.
Tanto i consumatori di canapa lo sanno, tutto questo, che in gran parte preferirebbero costituirsi in social club, o in produttori registrati, o in coltivatori domestici, legali e tassabili, invece che essere costretti a finanziare il marketing proibizionista; ma Serpelloni ha già pronta la replica per i fautori dell’ autocoltivazione, che pure toglierebbe una parte di guadagni al narcotraffico, libererebbe ingenti risorse impegnate nella repressione poliziesca, giudiziaria e carceraria (coltivare anche una sola pianta di canapa è reato penale, pur essendo il consumo personale un reato “solo” amministrativo, da referendum radicale del 1993), oltre a permettere un regolare controllo e conteggio sul prodotto venduto.
La replica è una domanda, che è un invito a correre: “La cannabis è una sostanza sicuramente tossica (o vogliamo discutere anche su questa evidenza scientifica?)”
Sì, Dottor Serpelloni, ne vogliamo discutere; la dose letale della cannabis è da 20000 a 40000 volte la dose normale, mentre per il caffé la dose letale è tra le 100 e le 150 volte la dose normale, per esempio, e il Valium ha una dose letale pari a 7 volte la dose normale. Discutiamone, allora.
E discutiamo anche di questa altra ridicola affermazione: “La legalizzazione porterebbe solo ad un aumento dei consumi cosi come ampiamente dimostrato per l’alcol e il tabacco”. No, Dottor Serpelloni, l’ esperimento americano sull’alcol di ottanta anni fa è una classica dimostrazione dell’opposto, e l’impennata sui consumi di alcol da parte dei giovani deriva esattamente dalla mancanza di informazione corretta e dai vari lacci che sono stati messi al commercio peraltro legale degli alcolici. Dovunque, nella geografia e nella storia, una sostanza sia stata sottoposta a proibizionI, questo ne ha aumentato la domanda e i prezzi.
Grazie, DPA! Con tali penose menzogne siete la miglior dimostrazione della pochezza delle vostre politiche.

Patetica difesa dell’ indifendibile da parte del Dipartimento Politiche Antidroga

E dove Giovanardi e Serpelloni non arrivano, giunge in soccorso la professoressa ELISABETTA BERTOL. Vasco Rossi, insieme ad un movimento popolare crescente, rischiano di stravolgere tutti i fondamenti delle politiche del DPA negli ultimi anni; la Signora Tossicologa non trova di meglio che vecchi libri, correlazioni che non reggono (visto che i test rilevano l’uso anche di settimane prima, l’unica cosa dimostrata è che una certa percentuale di persone ha fatto uso di cannabis precedentemente e indipendentemente, fino a prova contraria, da incidenti di vario tipo), e ancora di nuovo il vecchio argomento-bidone, “che oltre il 95 % dei td da eroina o cocaina in trattamento hanno iniziato il loro percorso di malattia proprio con la Cannabis” … argomenti inesistenti, non scientifici, di comprovata falsità.
Sui fantomatici ed isolati studi attestanti la pericolosità neurologica o psicologica, appare ovvio che se si prende a campione una popolazione adolescenziale che fa un uso problematico di cannabis (associata ad altre sostanze e in dose massiccia) si trovano alterazioni; peccato però per gli esperti del DPA, e per noi cittadini, che proprio quegli usi problematici siano in netto calo ovunque si sia riusciti a sperimentare, in barba a loro, politiche di decriminalizzazione e legalizzazione.
Serve la contestazione dell’argomento “cannabis porta di ingresso per droghe pesanti”?
1 – la correlazione non dimostra il contrario (cioè il fatto che il 95% dei td abbiano fatto uso di cannabis non dimostra che dalla cannabis si passi alle droghe pesanti)
2 – la correlazione sta nei due mercati che sono mantenuti contigui dal proibizionismo e dalle leggi che non distinguono tra droghe e cannabis
3 – la correlazione si può trovare anche con le sigarette (il 95% e più dei td ha fatto uso precedentemente alla tossicodipendenza, di sigarette e/o alcool e/o caffé ecc., fino a risalire alla cioccolata e all’estaté).
Con tutti i milioni di parole inutili che vengono pubblicati ogni giorno, l’ultima cosa di cui dolersi è se un cantante famoso, come Vasco Rossi, decide autonomamente di rivelarsi ai suoi fans in una serie di post e di clippini su facebook; se proprio non lo si sopporta, basterà non leggerlo.
Ma poteva il DPA sfuggire questa occasione per dimostrare la sua abissale distanza dal mondo reale? No, ovviamente.
Quindi si è lanciato in una campagna di discredito dalla quale non può uscire che perdente; e tanto si deve essere innervosito che ha usato argomenti più miseri del solito; anche perchè non ne ha altri.
Serpelloni si è improvvisato veggente, leggendo negli occhi di Vasco “la profonda sofferenza e la grave difficoltà che fortemente trasparivano dallo sguardo e dai confusi ragionamenti”; visto che la lettura dello sguardo non è una scienza ufficiale potremmo anche noi tutti scrivere ciò che leggiamo negli occhi di Serpelloni e Giovanardi, ma vorremmo ancora restare a piede libero, e non lo scriviamo.
Giovanardi non ha trovato di meglio che ripetere l’assioma logicamente errato che striscia sotto ogni sua dichiarazione “questo flagello, che sicuramente aumenterebbe a dismisura se, come Rossi in maniera sprovveduta suggerisce, si passasse alla legalizzazione dell’uso delle sostanze”. Ora, si dà il caso che “il flagello” sta aumentando a dismisura da 50 anni, cioè proprio da quando la Convenzione Unica sui Narcotici ha dato il via a tutte quelle folli strategie proibizioniste che dopo aver invaso le città di tossicodipendenti hanno insanguinato mezzo mondo, arricchendo e finanziando la criminalità organizzata, come già era stato evidentemente dimostrato dall’esperimento americano del proibizionismo sull’alcool. Si dà il caso che, laddove si è riusciti a tentare sperimentazioni di parziale legalizzazione e decriminalizzazione siano diminuiti tossicodipendenze e uso problematico, si dà il caso che anche agli occhi di un bambino di diciotto mesi appare ovvio che ciò che è proibito piace di più, e che solo lo spietato marketing, perchè di questo si tratta, della criminale collusione tra politica e mafie poteva riuscire, ed è riuscito, a invadere il mondo di tossicodipendenti e consumatori problematici.
Ora l’arrampicamento sugli specchi della Signora Tossicologa evidenzia la povertà assoluta di logica e di forza degli argomenti; hanno, dalla loro parte, solo tanta arroganza.
E’ una vergogna, fra le tante, tutta italiana, avere simili personaggi addetti alle politiche sulle droghe, dei quali non si può sapere se è più l’ignoranza o la malafede.

Claudia Sterzi