22/12/13

Mala tempora (Tempi maligni)

VIETATO
I giornalisti, si sa, scrivono per lavoro e non per passione, così non si si potrà mai sapere se un brutto articolo sia frutto di una idiozia congenita o della difficoltà di inventarsi un cervello che non si ha.

La premessa è d'obbligo per parlare di un articolo uscito ieri su Tempi, a firma Alfredo Mantovano, dal titolo: "Uruguay? No grazie. L’idea della cannabis di Stato è uno sballo solo per chi è rimasto agli anni Settanta".

I bersagli dell'attacco sono le dichiarazioni della Ministro Bonino e l'iter parlamentare di un disegno di legge proposto dall' On.Farina (SEL); su questo non c'è nulla da rispondere, perché fortunatamente Mantovano è del tutto ininfluente sulle scelte dei Ministri e sulle attività legislative del Parlamento.

Purtroppo però gli argomenti che Mantovano mette in campo sono molto ipocriti e arruffati e devono essere smentiti.

Per dimostrare che nessuna differenza esiste tra droghe pesanti e cannabis, spara intanto una cifra iperbolica: “il Thc …  è oggi venti volte superiore che negli spinelli di un quarto di secolo fa”, una cosa ridicola, come tutti sanno, dato che 25 anni fa il Thc medio oscillava intorno al 7/8 %, con punte fino al 15 %, che, moltiplicate per 20, sfidano la matematica. Fosse anche stato, il Thc medio, tra il 3/4 %, una pianta che produca cime all’80 % di Thc ancora non si è mai vista sulla faccia della terra. Ma per Mantovano, l’argomento è chiuso, trattasi di autodistruzione, tal quale la canna al buco in vena.

Dove dà il meglio però è nell’argomento successivo, basato sempre sulla errata premessa che fumare canapa voglia dire autodistruggersi; il paragone di Mantovano è ardito, arrampicato su altissimi specchi - è giusto che lo Stato si impicci dei fatti privati dei cittadini e li tuteli da se stessi, come nel caso del casco obbligatorio - un paragone che fa acqua, e confonde un obbligo, di indossare dispositivi  di sicurezza, con una proibizione; a sentire lui, lo Stato dovrebbe proibire di mangiare troppa cioccolata, di fare una vita sedentaria, e magari controllare che le luci nelle case siano distribuite a norma.

Non è ancora il sabato fascista, ma ci siamo quasi.


13/12/13

BONINO ANTIPROIBIZIONISTA? NIENTE DI STUPEFACENTE


 

Sono molti gli ostacoli con i quali la nuova legge sulla cannabis, approvata il 10 dicembre in via definitiva dal Senato dell’Uruguay, dovrà confrontarsi. Mujica, Presidente dell’Uruguay, che ha promosso nel suo paese una legalizzazione innovativa del commercio e del consumo di cannabis, con l’intento dichiarato di contrastare la criminalità organizzata, ha il suo daffare in questi giorni, per rispondere alla valanga di critiche e minacce che l’ONU per prima, seguita da tutti i guardiani del proibizionismo, ha messo in campo, e certo non avrà perso il sonno a causa delle dichiarazione del nostro Senatore Giovanardi, che non ha perso l’occasione per difendere le sue politiche oscurantiste e irragionevoli.

Giovanardi ha preso spunto dalle dichiarazioni della Ministro degli Affari Esteri italiana, Emma Bonino: interrogata, a margine della Conferenza Italia – America Latina, si è espressa nettamente: “Non è una legalizzazione totale, ma hanno fatto benissimo”. Niente di strano, è notorio che Bonino  è da sempre schierata a favore delle politiche antiproibizioniste, insieme a tutto il suo Partito.
«È molto grave che un ministro degli Esteri faccia dichiarazioni simili, – spiega Giovanardi a Il Tempo - hanno parlato della liberalizzazione come di un "esperimento". Io dico che è un cinico esperimento sulla pelle dei giovani.»
Dimentica, Giovanardi, che l’esperimento proibizionista, in vigore da più di 50 anni, è stato un totale fallimento, come tale ormai riconosciuto da un crescente numero di scienziati, politici, studiosi di ogni appartenenza e di ogni colore, e che la legalizzazione delle ”droghe leggere”, cosa diversa dalla liberalizzazione, è solo un primo passo per uscire dalla tragedia sociale ed economica che le scellerate strategie proibizioniste hanno portato al mondo.
Dice Giovanardi che le dichiarazioni della Ministro “non rispettano né il Parlamento italiano né le convenzioni internazionali che l’Italia ha firmato, la sua è e resta un’opinione personale, di certo non rappresenta la linea del governo”; trascura che la linea del governo la esprime il Governo e le sue, pur legittime, posizioni rispecchiano solo una mentalità reazionaria non scevra da interessi privati.

Rita Bernardini, Segretaria di Radicali Italiani

Claudia Sterzi, Segretaria della Associazione Radicale Antiproibizionisti

05/08/13

Financial Times: "Inizia la fine del proibizionismo e della guerra alla droga"

All’ inizio della fine del proibizionismo e della guerra alla droga

di Giovanni Paolo Rathbone da Miami

Segnali di revisione del proibizionismo

Il Congresso dell'Uruguay, la scorsa settimana, ha fatto un gran passo avanti per diventare  il primo paese al mondo a legalizzare la coltivazione, la vendita e il possesso di cannabis. Lo scorso novembre, gli stati di Washington e Colorado, negli Stati Uniti, hanno approvato leggi simili. Queste misure sono un segno di come la monolitica politica sulle droghe, che si basa sul divieto, sia in corso di riesame e di modifica; sono potenziali segnali di un mondo nuovo. Considerato come le droghe tocchino la vita di tante persone, per molti sono anche spaventosi.
Tuttavia, da qualche anno, è chiaro che le droghe hanno vinto la "guerra alla droga". Nei paesi leader per il consumo, come ad esempio gli Stati Uniti, il divieto ha avuto un certo successo. Ma il costo è stato enorme.
Gli Stati Uniti spendono circa $ 50 miliardi l'anno per gli sforzi anti-droga. Il consumo di cocaina è diminuito di circa il 40 per cento dal 2006. Ma la cocaina è stato sostituita, in qualche modo, dalle droghe sintetiche in aumento e l'abuso di prescrizioni di pillole (psicofarmaci e antidolorifici). Negli Stati uniti sono anche arrestate e imprigionate più persone che in qualsiasi altra parte del mondo - su base pro capite, cinque volte più numerosi del Regno Unito o della Cina. Sorprendentemente, nel 2009 la metà di tutti i prigionieri federali degli Stati Uniti, e un quinto di tutti i prigionieri di Stato, sono stati incarcerati per droga.
In effetti, questo è uno dei motivi per cui vi è stata una crescente tolleranza verso la legalizzazione della cannabis negli Stati Uniti. Non è più vista come una "droga di passaggio" alla dipendenza e al vizio, molti genitori sono oggi più preoccupati che i loro figli abbiano una segnalazione alla polizia, che non del fatto che fumino erba.
I paesi fornitori devono affrontare sfide diverse. In America Latina, la più grande è la spaventosa violenza. Circa 70.000 persone sono morte da quando il Messico ha lanciato una operazione contro i trafficanti internazionali di droga, sette anni fa. L’ Honduras ora soffre di tassi di omicidio normalmente visti in zone di guerra. Anche dove i cartelli della droga sono stati sopraffatti, come in Colombia, questo è servito poco per frenare le esportazioni di droga. Le rotte del contrabbando si sono semplicemente spostate altrove.
Nonostante questi risultati discontinui, mettere in discussione le politiche proibizioniste è rimasto un tabù. Ma questo atteggiamento sta cambiando velocemente. Solo lo scorso aprile Juan Manuel Santos, il presidente colombiano, e stretto alleato degli Stati Uniti, ha chiesto, all'Organizzazione degli Stati americani un riesame della politica della droga, in un emisfero che rappresenta circa la metà del consumo mondiale di cocaina e di eroina, e un quarto del consumo di cannabis.
Come risultato, l'OAS quest'anno è diventata la prima organizzazione multilaterale ad acconsentire di considerare nuovi approcci - tra cui la legalizzazione della cannabis. E nel 2016, le Nazioni Unite terranno una speciale assemblea generale sull'argomento. I maggiori oppositori alla riforma non saranno, probabilmente, né gli Stati Uniti né l'Europa, che hanno in gran parte abbandonato la retorica della “guerra alla droga”, ma le economie emergenti come la Cina e la Russia. Si preannuncia un incontro vivace.
Nel frattempo, è giusto esplorare approcci diversi per un grosso problema che è anche un business enorme: l'Onu stima il valore globale di vendita al dettaglio di droghe illegali in circa $ 330 miliardi in un anno, e la cannabis ne rappresenta quasi la metà. Questo è il valore degli esperimenti dell'Uruguay, Colorado e Washington, esperimenti che cercano non di promuovere il consumo di droga, ma di regolarlo.
E' importante non esagerare i benefici potenziali. Ad esempio, la cannabis legalizzata toglierà linfa ai ricavi criminali. Ma non li eliminerà. I cartelli della droga in Messico, per esempio, derivano solo un terzo dei loro ricavi dalla cannabis. Il resto proviene da altre droghe illegali, estorsioni e rapimenti.
Né sarà la legalizzazione, di per sé, a migliorare la sicurezza in America Latina - come può, quando le forze di polizia sono spesso deboli, i giudici corrotti, e i livelli di impunità così alti? Non si svuoteranno le carceri statunitensi. Né la legalizzazione necessariamente aumenterà le entrate fiscali da reinvestire in trattamenti delle tossicodipendenze. Questo perché per competere con i mercati illegali, le droghe regolamentate dovranno offrire una buona qualità a prezzi competitivi. La scelta di applicare tasse di vendita alte lavora contro.

In breve, la legalizzazione non è una panacea. E’ solo una parte di un nuovo approccio. Eppure, che la politica della droga sia stata messa in discussione e, di conseguenza, potrebbe diventare più razionale, è un significativo passo avanti. Tutte le politiche pubbliche, dopo tutto, dovrebbero essere tenute ad un controllo. Questo è particolarmente vero per quelle basate sulla nozione che possano controllare un bene redditizio, e sradicare un comportamento di base. Per qualche motivo gli esseri umani amano sempre e comunque essere stupefatti.

originale in inglese: http://www.emmabonino.it/press/world/10864 traduzione @.r.a. 

03/08/13

Legalizzazione: MUJICA 1 - ONU 0


La votazione di mercoledì sera, in Uruguay, che ha sancito il primo via ufficiale di un Parlamento nazionale alla legalizzazione del commercio e della produzione di canapa per uso ludico, marihuana, come viene chiamata in quel paese, ha scosso la decennale inerzia dell’ UNODC (agenzia per le droghe e il crimine delle Nazioni Unite); mentre era rimasta inerte sui risultati referendari di Colorado e Washington, come un mammut che si risveglia dopo infinite ere, punzecchiato e irritato, l’agenzia che ha istituzionalizzato l’assioma droghe/crimine ha pubblicato una dichiarazione piuttosto minacciosa, attraverso il Comitato di controllo internazionale dei narcotici, che merita di essere letta nella sua interezza, per immaginare le prossime mosse di questa che è una vera, sporca guerra:

“VIENNA, 1 agosto 2013 - L'International Narcotics Control Board (INCB) ha preso atto con preoccupazione di un disegno di legge in esame in Uruguay che, se approvato, permetterebbe la vendita di cannabis per uso non medico. Una tale legge sarebbe in contrasto completo alle disposizioni dei trattati internazionali di controllo delle droghe, in particolare alla Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, di cui l'Uruguay è membro.
In linea con il suo mandato, l’ INCB ha sempre mirato a mantenere un dialogo con il governo dell'Uruguay su questo problema, compresa la proposta di una missione per il paese, al livello più alto. Il Consiglio deplora che il governo dell'Uruguay abbia rifiutato di accogliere tale missione.
L’ INCB esorta le autorità dell’ Urugay a garantire che il paese rimanga pienamente in linea con il diritto internazionale, che limita l'uso di stupefacenti, compresa la cannabis, esclusivamente a fini medici e scientifici. È importante sottolineare che il progetto di legge, se adottato, potrebbe avere gravi conseguenze per la salute e il benessere della popolazione e per la prevenzione di abuso di cannabis tra i giovani. Il Consiglio invita le autorità  a considerare con attenzione tutte le possibili conseguenze prima di prendere una decisione”.
“1 agosto, 2013 - Vienna - Il Direttore Esecutivo dell'UNODC continua a seguire gli sviluppi in Uruguay da vicino, e sostiene la dichiarazione 1 agosto dall'International Narcotics Control Board.
Le convenzioni internazionali per il controllo della droga hanno contribuito a contenere e stabilizzare i livelli di consumo di droga nel corso di decenni, e rimangono il fondamento degli sforzi globali per ridurre il traffico illecito di droga e di fornire prevenzione e trattamenti, per i tossicodipendenti problematici, scientificamente fondati.
È chiaro che ci sono sfide. Un problema serio è l'orribile violenza generata dal traffico illecito di stupefacenti, che ha rovinato tante società. Questo ha portato ad un dibattito sul modo migliore di affrontare questi problemi.
UNODC si compiace di questa discussione - un dialogo su come andare avanti per fermare i trafficanti di droga e per proteggere la salute e il benessere delle persone, è chiaramente necessario. Ma questo dialogo deve essere condotto sulla base di convenzioni concordate, in linea con il diritto internazionale.
La Commissione stupefacenti, l'organo decisionale centrale delle Nazioni Unite su questo tema, terrà l'anno prossimo una revisione ad alto livello, per l’attuazione della dichiarazione politica e del Piano di azione sul problema mondiale della droga degli Stati membri. La nostra speranza è che gli Stati membri avranno l'opportunità di perseguire un approccio cooperativo coerente per affrontare le sfide che abbiamo di fronte collettivamente”.

Dall’altra parte, il Presidente Mujica non si tira indietro e raccoglie subito il guanto di sfida, senza tentennamenti; in settembre sarà all’ ONU accompagnato dal cancelliere Almagro e dal Presidente della Commissione nazionale per le droghe, Cánepa. Almogro ha dichiarato che Mujica vuole spiegarsi personalmente, e altre fonti segnalano che è sua intenzione confrontarsi con Obama, oltre che intervenire nell’ Assemblea generale ONU.

Mujica ha più volte sostenuto che la lotta al narcotraffico effettuata con metodi repressivi è fallita , ribadendo il bisogno di alternative per affrontare il peggior flagello dell’ America latina; in maggio uscirono alcune sue dichiarazioni nelle quali si diceva contrario all’uso di marihuana, ma che avrebbe preferito legalizzarlo affinchè non crescesse nell’ombra risultando ancora più dannoso per la popolazione. Ha poi chiarito che la marihuana è una piaga, però il narcotraffico è molto peggio, e per questo ha ideato un progetto con l’obiettivo di riguadagnare il controllo sulla circolazione di questo stupefacente. Queste alcune delle sue recenti parole sul tema
“Una cosa è un consumatore che si fuma un porro, un’altra è che cada nel vizio e nessuno gli tiri una corda”.
“Prima cosa, basta con la clandestinità; identificare ed avere un mercato alla luce del sole”.
 “Io sono antico, vecchio; mai nella mia vita ho provato un porro (sigaretta di canapa), però mi rendo conto, forzo i neuroni a ringiovanire e a rendersi conto di quale è la vita dei ragazzi … il consumo è così, dietro l’angolo, e ha dato vita a un mercato clandestino che tiene le sue feroci regole proprio per la sua clandestinità. E’ un monopolio di mafiosi, ci sono dati agghiaccianti”.
 “Quelli che consumano non danno retta ai consigli ma non per questo c’è da lasciarli alla mercè delle bande; sono attratti dall’avventura di comprare in giro dai narcotrafficanti  perché è una cosa proibita e clandestina.”
Il progetto di Mujica autorizza lo Stato a assumere il controllo e la regolazione delle attività di importazione, esportazione, piantagione, coltivazione, raccolto, produzione, acquisizione, lavorazione, commercializzazione e distribuzione della cannabis e dei suoi derivati.
Se, in ottobre e comunque entro la fine dell’anno, la legge passerà al Senato, come i numeri sembrerebbero indicare, la legge diventerà legge dello Stato dell'Uruguay. ONU permettendo.


02/08/13

LEGALIZZAZIONE? SÍ, GRAZIE. La Bolivia e la foglia di coca.

Evo Morales inaugura a La Paz una fabbrica di mate di coca e estevia
Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, ha inaugurato il primo stabilimento per la lavorazione della coca, che tratterà la foglia per uso medicinale; si stima che l’impianto potrà lavorare 75.000 tonnellate l’anno per la produzione  di coca per infusi.  Morales ha ricordato la masticazione della foglia di coca su prescrizione medica, e come molte persone stiano combattendo il diabete con il suo uso – questo è del tutto dimostrato – ha detto.
All’inizio di questo anno la Bolivia ha ottenuto di essere riammessa alla Convenzione ONU sugli stupefacenti del 1961, salvaguardando l’ eccezione che permette la masticazione tradizionale delle foglia di coca nel paese.  L’Onu proibisce comunque l’esportazione, e Morales cerca appoggio in tale senso dai paesi dell’ ALBA (Allenaza boliviana dei paesi di America), che si riuniscono in assemblea in questi giorni in Ecuador in previsione di una zona economica comune.
Morales ha annunciato che nell’ Assemblea proporrà agli Stati membri l’acquisto della foglia di coca boliviana; l’ALBA è una piattaforma di integrazione delle nazioni dell’ America latina e del Caribe e comprende Ecuador, Venezuela, Bolivia, Cuba, Dominica, Nicaragua, San Vicente y las Granadinas, Antigua y Barbuda y Santa Lucía.
Morales ha anche sottolineato come la lotta per la difesa della foglia di coca abbia risvegliato politicamente e ideologicamente il popolo boliviano, a partire dalle zone di Yungas e da Cochabamba, i due principali luoghi di coltivazione.
“Il popolo si è risvegliato perché tutte le politiche di governo asservite all’imperialismo non facevano altro che parlare di coca zero, della coca che è cocaina, e dei produttori di coca come di tossicodipendenti. Il movimento contadino è stato criminalizzato e condannato all’incarcerazione; il dibattito che ne è scaturito per difendere la foglia di coca, e non la cocaina, ci ha permesso di orientarci ideologicamente." Nelle parole del Presidente boliviano, la lotta sindacale e i dibattiti hanno permesso che la Bolivia diventasse un riferimento mondiale per proposte sociali e  riforme strutturali; la battaglia per la foglia di coca ha permesso anche di identificare i nemici interni, quelli che arrivavano con l’intenzione di eradicare completamente la pianta di coca senza riconoscere l’identità culturale dei boliviani.

“Questa lotta per la foglia di coca ha permesso di identificare i nemici interni e i neo colonialisti, i neo invasori, come gli Stati Uniti, attraverso le Agenzie antidroga e le basi militari nordamericane”, ha concluso, dimostrando, ancora una volta, come sia facile strumentalizzare il dibattito sulle droghe in senso politico e ideologico, da qualunque parte lo si guardi.
Questa prima impresa statale di coca potrà contare anche sull'appoggio economico della Unione Europea.

01/08/13

LEGALIZZAZIONE? SÍ, GRAZIE. IL CASO DELL’URUGUAY

“Il Governo uruguayano ha ottenuto ieri la prima approvazione, alla Camera dei Deputati, della legalizzazione della canapa per uso ricreativo, medicinale e industriale”.
Questa la notizia; arriva dunque in porto il progetto di Mujica, Presidente dell’ Uruguay, che da qualche tempo propone un modello di produzione di Stato per la marihuana, come viene chiamata, cioè, per la canapa. La visione iniziale del Presidente è stata modificata in corso di dibattito, che ha visto anche forti voci contrarie al monopolio di Stato; la legge approvata alla Camera ieri consente "il commercio di un massimo di 40 grammi mensili di marihuana attraverso la rete delle farmacie. Per poter effettuare l'acquisto, il consumatore deve essere registrato, però la sua identità è tutelata dalla legge sulla protezione dei dati"; è permessa la coltivazione personale “di un massimo di sei piante di canapa per ogni nucleo familiare e la produzione collettiva della droga in club da un minimo di 15 a un massimo di 45 soci”.
Altri paesi dell’ America latina hanno espresso dissenso per questa iniziativa, rimproverando a Mujica di agire individualmente senza coordinarsi con il movimento per la revisione delle Convenzioni ONU, che va crescendo in quella zona, come in altre parti del mondo.
Nonostante che il risultato alla Camera uruguayana si sia giocato su un voto solo, e nonostante che i sondaggi indichino come la maggior parte della popolazione sia contraria, la legge ha buone possibilità di passare anche in Senato, dove il Governo sembra avere una solida maggioranza.

Dopo i referendum in Colorado e Washington, che hanno visto vincere un primo tentativo di legalizzazione della cannabis per uso ludico, oltre che medicinale, il risultato di ieri può ben essere appuntato fra le stellette che la battaglia antiproibizionista inizia ad avere; piccoli passi, ma finalmente nella giusta direzione.

17/04/13

Cannabis, che cosa bolle in pentola




In tutto il mondo crescono i movimenti e le iniziative per il superamento delle proibizioni sulla coltivazione e sull’uso di cannabis; negli Stati Uniti, con due referendum, nel novembre scorso, è stata votata la legalizzazione del possesso e della vendita. In molti Parlamenti latino americani sono in discussione leggi sul tema, e manifestazioni popolari si svolgono in quei paesi che più hanno sofferto per la “guerra alla droga”, lanciata da Nixon ormai 50 anni fa, come Colombia e Messico. Il lavoro della Global Commission, una commissione indipendente formatasi in seguito all’appello di tre ex presidenti di Stato, è riuscita a sollevare un forte dibattito pubblico e a far comprendere la necessità di sperimentare nuovi modelli di approccio.

In Europa la rete ENCOD (Coalizione europea per politiche sulle droghe giuste ed efficaci) promuove e segue fino dall’inizio degli anni 2000 la creazione dei social cannabis club, nei quali si produce la cannabis per l’uso personale dei soci; ne sono sorti a decine, in Spagna, Belgio, Slovenia, Inghilterra ecc.; in Francia, dove la coltivazione, anche di una sola pianta, come in Italia, è reato da codice penale, la creazione di centinaia di CSC ha assunto la forma di una disobbedienza civile che sta salendo alla cronaca dopo l’arresto del coordinatore nazionale, Dominique Broc. In numerosi paesi le leggi si stanno adeguando ad una visione più moderna e sensata; fra tutti l’esempio del Portogallo, che da una decina di anni ha depenalizzato il possesso di tutte le droghe ed ha visto diminuire le tossicodipendenze e i consumi problematici, ha fatto da apripista a un nuovo modo di gestire la diffusione delle sostanze psicotrope.
 
E in Italia?
Anche da noi, che siamo vittime, insieme a Francia e Svezia, delle leggi più severe e più miopi, si sta faticosamente sollevando l’argomento; è da poco iniziata la raccolta delle firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da un cartello di associazioni che si occupa dei problemi legati alle condizioni carcerarie; un’altra proposta, elaborata da ASCIA (Associazione per la sensibilizzazione sulla canapa autoprodotta in Italia) non è ancora stata presentata formalmente, ma ha ottenuto un buon riscontro dopo esser stata pubblicata sul blog del Movimento 5 Stelle. Il Progetto Freeweed ha costituito una rete di referenti in tutta Italia in previsione del deposito di un quesito referendario.
La Million Marijuana March quest’anno, oltre al tradizionale appuntamento di manifestazione e marcia, sabato 4 maggio, dal Piazzale dei Partigiani fino al CSA La Torre, Via Bertero, si articolerà in tre giorni, con un incontro di apertura alla Camera dei Deputati, giovedì 2 maggio alle 11, e un confronto pomeridiano, venerdì alle 18, presso il CSA La Torre.

Mercoledì 10 aprile, infine, una delegazione di radicali, guidata dal segretario di RI, Mario Staderini, ha depositato 6 quesiti referendari, dei quali uno riguardante la legislazione sulle droghe, per la depenalizzazione dei fatti di lieve entità, e una proposta di legge di iniziativa popolare, per la legalizzazione di coltivazione e commercio di cannabis, già depositata anche in Parlamento nella scorsa legislatura.

26/03/13

“Notiziario dal fronte della guerra alla droga”, 26 marzo 2013

 

Nei giorni scorsi è uscito un rapporto dell’Europol (European Police Office), dal titolo “La valutazione europea della grave minaccia della criminalità organizzata (SOCTA)”,prodotto di un’analisi sistematica delle informazioni relative all'applicazione della legge sulle attività criminali e gruppi che interessano l'Europa. Il SOCTA è progettato per aiutare i responsabili delle decisioni strategiche nella definizione delle priorità e delle minacce della criminalità organizzata.
E 'stato prodotto dal Dipartimento Operativo di Europol, avvalendosi dei contributi emersi dal lavoro dell'organizzazione stessa, dall’ analisi su forme gravi di criminalità organizzata e da partner esterni.
Il sito di Aduc ne riporta una sintesi: “Il traffico internazionale di stupefacenti rimane la piu' grande attivita' della malavita in Europa, dove operano circa 3.600 organizzazioni criminali, con quelle specializzate in contrabbando di stupefacenti che importano fino a 124 tonnellate di cocaina ogni anno. La cannabis resta lo stupefacente preferito, con 23 milioni di consumatori in tutto il Continente per un mercato che vale 1.300 tonnellate di hashish e 1.200 tonnellate di erba ogni anno. La cocaina resta al secondo posto con 4 milioni di consumatori che consumano 124 tonnellate, annualmente. Il rapporto di 46 pagine, che l'Europol definisce il più dettagliato studio mai effettuato sul crimine organizzato, evidenzia anche l'arrivo di una nuova ondata di bande, alimentate dalla crisi finanziaria e dagli illeciti che è possibile commettere online. ''Questi gruppi non sono più definibili per la loro nazionalità o attività, ma per la loro abilità di operare su base internazionale, con l'unico obiettivo di massimizzare i profitti e minimizzare i rischi'', ha detto il capo dell'Europol, Rob Wainwright. ''Sono l'incarnazione della nostra nuova società globalizzata''. Il rapporto dell'Europol verrà inviato ai 27 paesi membri della Ue, affinché possano stabilire le strategie di contrasto alla criminalità organizzata per i prossimi quattro anni”.
E, più nel dettaglio, ecco quali sono i risultati di 50 anni di soggezione alle strategie ONU ed Stati Uniti, che a lungo hanno ostacolato sperimentazioni locali o nazionali di strategie diverse; solo negli ultimi anni si sono tentati esperimenti di depenalizzazione, in Portogallo, ad esempio, e in altri paesi:
“Droghe, l'area più dinamica della criminalità; il mercato della droga è altamente competitivo, le rotte del traffico sono in continua diversificazione”, quindi un mercato molto attivo.
“Il politraffico di droga è ormai una modalità comune di azione e la criminalità organizzata in questo settore è altamente innovativa”, innovativa sia nel senso degli espedienti usati per il traffico clandestino, sia per la capacità di produrre nuovi prodotti di sintesi.
“Circa un terzo di tutti i gruppi della criminalità organizzata nell'Unione europea sono impegnati nella produzione e distribuzione di droghe illecite. I mercati della droga dell’unione europea continuano ad essere altamente competitivi e molto redditizio per la criminalità organizzata. Il politraffico di droga non è più solo una tendenza, ma un approccio comune scelto dalla criminalità organizzata operante in Europa”, si riconosce dunque l’alto livello di organizzazione e centralizzazione del mercato della droga.
“La violenza, questioni di salute pubblica, un elevato numero di morti e di sentimenti di insicurezza sono tutti legati al traffico di sostanze stupefacenti. Le campagne di prevenzione e di riduzione del danno costano milioni di euro. I gruppi criminali continuano a lavorare per minimizzare i costi durante il processo di produzione di droga, il che comporta gravi rischi per i tossicodipendenti. Sintetici e nuove sostanze psicoattive sono prodotti in processi complessi privi di meccanismi di controllo; prodotti di bassa qualità sono utilizzati come precursori per i sintetici o agenti di taglio per l'eroina, pesticidi e insetticidi sono ampiamente utilizzati per massimizzare le rese del raccolto di cannabis”.
“Eroina: Il valore del mercato europeo degli oppiacei è stato stimato a circa 12,4 miliardi di euro; Il Regno Unito, Italia, Francia e Germania rappresentano più della metà del mercato europeo. Nonostante un leggero calo dei consumi, il traffico di eroina resta una minaccia ed è in corso una ulteriore diversificazione delle rotte di traffico di eroina; l’anidride acetica, una componente fondamentale del processo di produzione di eroina, è in gran parte fabbricato nell'UE.
Gruppi di criminalità organizzata di origine albanese, pakistana e turca dominano il traffico di eroina, e c’è una crescente collaborazione tra gruppi criminali, nel mercato dell’eroina, aldilà  delle divisioni linguistiche ed etniche”, una ulteriore conferma della centralizzazione del mercato di sostanze illegali.
“L’uso di eroina globale sembra essere su un declino moderato, mentre il mercato dell'eroina rimane relativamente stabile. Sequestri di rilievo negli ultimi dieci anni hanno confermato l'Europa come un importante fonte di precursori (anidride acetica). Le informazioni disponibili suggeriscono il coinvolgimento di un numero limitato di gruppi criminali, ma questi gruppi sembrano essere molto ben organizzati ed efficienti. Un aumento del consumo di eroina in alcune regioni dell'Africa può portare ad una ulteriore diversificazione dei percorsi, nonché un ruolo maggiore e mutevole per i gruppi africani nel traffico di eroina verso l'Europa. I mercati di eroina della Russia e dell'Ucraina sono ormai i più grandi mercati europei e la loro espansione determina alcune rotte verso l’Europa”, o le rotte determinano i mercati.
“L’eroina è già contrabbandata attraverso le repubbliche dell'Asia centrale e della Federazione russa, soprattutto in Lettonia e Lituania, ma anche in altri paesi europei. Mentre la domanda di eroina in Europa sta mostrando un moderato calo, la ripresa della produzione afgana di eroina, una ulteriore diversificazione delle rotte e il flusso potenziale di precursori di eroina da parte dell'Unione europea in Afghanistan indica che il traffico di eroina rimarrà una minaccia”
“Cocaina, resta una delle droghe più popolari, di massa. L'ingresso principale e i punti di distribuzione per la cocaina trafficata dal Centro e Sud America sono i principali porti nell'Europa nord-occidentale, la penisola iberica e il Mar Nero; I gruppi colombiani non hanno più il monopolio del traffico di cocaina, cartelli messicani stanno emergendo come trafficanti ai mercati europei. Un numero crescente di gruppi criminali utilizzano per il traffico sofisticati metodi di occultamento e le tecniche più efficaci di incorporazione di cocaina in altri materiali. Con 4 milioni di consumatori che consumano 124 tonnellate di cocaina all'anno, la cocaina è la seconda droga più comunemente usata in Europa dopo la cannabis e l'Europa rimane uno dei più grandi mercati di cocaina nei mondo. I dati recenti mostrano segni di stabilizzazione globale del livello del consumo di cocaina, con un leggero calo in alcuni Stati membri. I gruppi della criminalità organizzata europea svolgono un ruolo sempre più importante per l'importazione di cocaina su larga scala e alcuni di questi ora agiscono come mediatori importanti, lavorando direttamente con i fornitori. Preoccupazioni sono state sollevate perché le spedizioni di cocaina rimangono nascoste a causa della loro incorporazione in altri materiali. Laboratori di estrazione secondari sono stati identificati in Spagna, Paesi Bassi, Polonia, Grecia e Moldavia”.
“La varietà di percorsi e dei metodi di trasporto e l'emergenza dei metodi di occultamento utilizzati presentano sfide significative per le forze dell'ordine. I gruppi colombiani non hanno più il monopolio del mercato della cocaina, e aumentano le opportunità per i gruppi criminali provenienti da altri paesi di indirizzarsi nel mercato europeo e per i gruppi europei di introdursi nelle linee di distribuzione più lontano di quanto avrebbero mai pensato. L'emergere di gruppi provenienti dal Messico e dalla Nigeria può comportare una certa instabilità nel mercato della droga come, ad esempio,  gruppi concorrenti che si contendono il predominio”.
“Canapa; la domanda, molto alta,  sostiene una varietà di fornitori e di rotte, la resina di cannabis è sempre più importata dall'Afghanistan attraverso la rotta dei Balcani, la violenza tra gruppi coinvolti nel traffico di cannabis è in aumento”.
“La cannabis è la droga più diffusa in Europa. Si stima che circa 1300 tonnellate di resina di cannabis e 1200 tonnellate di foglie di cannabis vengano consumati ogni anno in Europa da circa 23 milioni di consumatori di cannabis. La quota di mercato della cannabis continua ad aumentare in tutta l'UE, e la cannabis coltivata ​​a livello nazionale sostituisce in parte resina importata. Si rileva la coltivazione indoor per la maggior parte della cannabis prodotto nell'UE. Il Marocco rimane il più importante produttore ed esportatore di resina di cannabis per l'UE e di conseguenza la Spagna è ancora una voce importante e centro di distribuzione per l'UE. Tuttavia, il significato del Marocco per il mercato della cannabis europea è in calo, mentre la fornitura dall'Afghanistan è in aumento. La criminalità organizzata è sempre più coinvolta nella produzione e distribuzione di cannabis. Le reti di distribuzione si stanno spostando e cambiano da traffico di cocaina e di eroina alla cannabis, a causa degli scarsi rischi e dei profitti elevati. I Paesi Bassi sono destinato a rimanere il paese più importante fonte di semi e talee, e di tecnologie e conoscenze in crescita. L'aumento della domanda e la produzione nelle altre regioni e all'esterno dell'UE può portare ad una maggiore concorrenza tra gruppi criminali, cambiamenti nelle rotte del traffico e più politraffico. Il mercato della cannabis rimane grande e complesso senza diminuzione prevista della domanda. La criminalità organizzata continuerà a svolgere un ruolo chiave per la coltivazione e il traffico illegale di prodotti vari di cannabis”.
“Droghe sintetiche e nuove sostanze psicoattive: 70 nuove sostanze psicoattive sono emerse negli ultimi anni, sempre più in vendita online; i gruppi criminali ora utilizzano laboratori di conversione di convertire le sostanze chimiche legali in precursori utilizzabili; la criminalità organizzata nei Paesi Bassi e in Belgio rimane la principale produttrice e distributrice di droghe sintetiche. I gruppi criminali europei producono droghe sintetiche a buon mercato in Africa e in Asia e distribuiscono i loro prodotti ai mercati in Europa, l'UE è regione di transito e destinazione per la metanfetamina prodotta in Africa, Asia e America Latina”.
“Gruppi criminali nei Paesi Bassi e in Belgio rimangono i principali produttori e distributori di droghe sintetiche. Altri paesi come la Germania, l'Estonia, la Bulgaria, la Lituania, la Polonia e paesi nordici (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia) sono compresi tra piccola e media scala di produzione di materiali sintetici. La maggior parte dei prodotti nell'UE sono destinati ai mercati europei. Droghe per il mercato UE si producono anche in Africa occidentale e nella Federazione russa, e gruppi olandesi, belghi, inglesi, lituani e polacchi lavorano insieme per dominare il flusso di droghe sintetiche nell'UE, dalla fonte, i precursori, alla distribuzione del prodotto finale. Gruppi con sede al di fuori dell'UE, compresi i gruppi di lingua russa e albanese, stanno sempre più cercando di entrare nel mercato delle droghe sintetiche in Stati membri diversi. La Cina rimane la principale fonte di precursori e pre-precursori. Tuttavia, anche l'India e la Thailandia sono fonti per le sostanze utilizzate nel processo di conversione, in misura minore. Nel 2012, il sistema di allarme rapido dell'UE ha segnalato la comparsa di più di 70 nuove sostanze psicoattive, che attualmente rappresentano una quota relativamente piccola del mercato delle droghe illegali, ma prezzi più bassi, maggiore disponibilità e qualità sono suscettibili di attirare più utenti”.
“Le differenze nella legislazione e l’insistenza sul rigore hanno deviato le rotte di approvvigionamento di pre-precursori e nuove sostanze sintetiche. Maggior controllo e una legislazione rigorosa  potrebbe spingere la deviazione dei percorsi di distribuzione e la delocalizzazione dei siti di produzione di droghe sintetiche”, da notare come ci sia consapevolezza che “maggior controllo e legislazione rigorosa” servano più che altro a spostare le rotte, il che genera invasione di altri territori e apertura di nuovi mercati, perché i paesi di transito divengono paesi consumatori.
“L’Africa Occidentale, settentrionale e orientale è destinata a diventare sempre più luogo interessante per i produttori di materiali sintetici a causa di collegamenti migliori con i mercati redditizi in Europa, nuove opportunità del mercato locale del lavoro e poco costoso. L'aumento della concorrenza criminale di area russa e tra i diversi fornitori di droghe sintetiche possono provocare violenti conflitti tra gruppi. Il coinvolgimento della criminalità organizzata nella produzione delle nuove sostanze psicoattive è ancora limitata, tuttavia, i rischi bassi e gli alti profitti attireranno la criminalità organizzata a questo mercato in via di sviluppo e in rapida espansione”
E, a fronte delle evidenze che risultano da ogni rapporto presentato al pubblico, ecco le dichiarazioni di Roberto Alfonso, procuratore capo di Bologna e numero uno della direzione distrettuale antimafia dell'Emilia-Romagna; “ieri intervistato davanti a 300 ragazzi delle scuole superiori nell'incontro organizzato dall'Arma in occasione della giornata di ricordo per le vittime delle mafie, ha chiesto un aiuto di tutti per ridurre gli 'affari' della criminalità organizzata e non. "Anche il consumatore ha una grande responsabilità e per consumatore intendo il cittadino che, anche se non commette reati, si rivolge alle organizzazioni piccole o grandi per soddisfare il proprio bisogno di illegalità". Sia che si tratti della "partita alla macchinetta del gioco d'azzardo, spesso truccata, che serve solo per fregarti i soldi", sia che si 'comprino' droga o sesso a pagamento. "Se noi riduciamo il numero dei consumatori, sicuramente attueremo una condotta di contrasto alla criminalità organizzata. Immaginate se non ci fossero più consumatori, cosa accadrebbe alle organizzazioni che hanno centinaia di macchinette in tutta Italia?", fa notare Alfonso, invitando gli studenti a "porsi il problema del consumatore". Ad "amplificare le attività criminose non sono soltanto le condotte illecite dei mafiosi o dei delinquenti- afferma Alfonso- ma vi è anche il concorso del consumatore, che è il cittadino che consuma la droga e con il suo comportamento aiuta le organizzazioni criminali dedite al traffico degli stupefacenti a sopravvivere. C'è il consumatore della prostituzione, che aiuta le organizzazioni che sfruttano la prostituzione e la tratta delle donne, e c'è chi gioca d'azzardo e con questo suo comportamento aiuta le organizzazioni che lo gestiscono, spesso di stampo mafioso".
Ora se è vero che il consumatore contribuisce a sostenere la criminalità organizzata, è vero solo se inserito in un’ottica di strategie proibizioniste; il consumatore è indirizzato a sostenere e finanziare da un sistema legislativo che ha arricchito e sostenuto negli ultimi 50 anni tutti i gruppi criminali del mondo intero; se ne ha un esempio nel dettaglio nella legge italiana, dove il possesso e la detenzione della stessa cima di canapa risulta reato amministrativo, se comprata in piazza dalla manovalanza dei gruppi criminali, reato penale se coltivata; in Italia, per coltivazione di canapa, un’attività tradizionale italiana, si rischia di essere o incarcerati o sbattuti nelle comunità di recupero, che a volte sono benemerite, altre volte sono luoghi inquietanti dove l’assenza di controlli favorisce fenomeni di abuso, maltrattamento, sfruttamento, come la più famosa italiana, la San Patrignano di Vincenzo Muccioli; “la vigna del signore”, così veniva definita, e dove negli ’80, a fronte di una emergenza che nessuno era in grado di gestire, furono consegnati migliaia di giovani ad un sistema prevaricatore e violento di rieducazione forzata fuori da ogni regola civile.

18/03/13

Il cambiamento, è ora? Il caso dei Cannabis Social Club francesi


La battaglia per la legalizzazione del consumo e della coltivazione di cannabis sta aumentando di forza e di intensità in tutto il mondo. Che si limiti a rivendicare la libertà dei propri consumi per gli amanti della cannabis, o che sia intesa come primo graduale passo per una regolamentazione di tutte le sostanze stupefacenti, che derivi dall'affermazione del diritto a non essere perseguito per un comportamento privato e personale, o che nasca dalla volontà di troncare una delle maggiori fonti di guadagno delle criminalità organizzate, quello che sta montando dall' Uruguay alla Spagna, tanto per citare solo due paesi, è un movimento vasto e ragionato che prende piede sia tra le forze politiche che tra le popolazioni.

In questo panorama, il caso francese è diventato di attualità a seguito dell'arresto, nel febbraio scorso, di Dominique Broc, coordinatore nazionale dei cannabis social club francesi, rilasciato dopo poche ore e in attesa di comparire davanti  al Tribunale di Tours per rispondere di detenzione di sostanze illecite e rifiuto di eseguire test.

I cannabis social club francesi iniziano a nascere nel giugno 2012, sull'esempio di quelli spagnoli e di tutta una rete, l'ENCOD, European Coalition for Just and Effective Drug Policies, che opera da circa un decennio per una riforma delle leggi sulle droghe; a differenza della Spagna, dove è permessa con alcune limitazioni, e come in Italia, la coltivazione di canapa in Francia è vietata; questo ha richiesto un adattamento del codice di regolamentazione ENCOD. La coltivazione per uso personale dei soci dei club francesi si configura come una vera e propria disobbedienza civile.

Dal giugno 2012 ad oggi, i CSC francesi sono diventati centinaia, e i soci migliaia; tutto è andato avanti senza scosse fino al momento in cui il quotidiano fondato, tra gli altri, da Jean-Paul Sartre, Libération, pubblica un ampio e dettagliato reportage sull’iniziativa di Broc e compagni, accompagnato da una lunga intervista al leader dei CSC francesi in cui si annuncia il deposito, di lì a qualche giorno, dei loro statuti nelle prefetture. Subito dopo, la polizia è entrata in casa di Dominique Broc sequestrando le piante, le attrezzature, i computer e altro materiale.

Segno che le changement tanto decantato dal presidente François Hollande durante la campagna presidenziale, c’est pas maintenant, almeno su questo fronte, e che forse occorrerà aspettare un cambio di guardia à la Place Beauvau, o una presa di posizione coraggiosa del ministro della Giustizia, Christiane Taubira. Fatto sta che, nonostante la sinistra sia tornata al potere dopo quindici anni, alla guida del ministero degli Interni resta un’impostazione fortemente conservatrice; in materia di droghe e non solo, l’atteggiamento di Claude Guéant, ultimo ministro degli Interni di Sarkozy, non è poi così distante da quello del “socialista” Manuel Valls.

Intanto, in attesa dell'udienza, prevista per l'8 aprile, i CSC francesi hanno annunciato il deposito in massa dei loro statuti, e messo in atto una iniziativa di coming out. Riempiendo un format predisposto, centinaia, al momento attuale,  di persone, esponendosi con nome, cognome e foto, stanno dichiarando il loro consumo e la loro intenzione di uscire dalla clandestinità, affinchè la società si evolva. Medici, avvocati, professionisti, impiegati, si stanno unendo a questa dichiarazione. I media internazionali si stanno interessando della cosa, e saranno presenti, molto numerosi, davanti al Tribunale di Tours l'8 aprile.

E dall'Italia? Intanto, ecco il sostegno dell' Associazione radicale Antiproibizionisti:







Sabrina Gasparrini, Presidente
Claudia Sterzi, Segretaria
dell' @.r.a.

04/01/13

Associazione radicale antiproibizionisti - Fatti per voi, fatti per noi

Stasera, venerdì 4 gennaio 2013, alle 22.30. su www.liberi.tv, inizia il nuovo anno di Leggera Euforia, il programma più antiproibizionista che ci sia; notizie dal mondo antiproibizionista, aggiornamenti dalla war on drugs, chat in diretta, politica e fantasia :)

03/01/13

Notizie dal fronte della war on drugs - Africa - 11 dicembre 2012

Traccia della trasmissione andata in onda su Radio Radicale il 11/12/2012



Come dicevamo altre volte, e come abbiamo visto in molte parti del mando, dalla mezzaluna d’oro asiatica ai territori andini, emerge anche nel continente africano  l’identificazione di quelli che gli stati uniti chiamano “king pin”, cioè i cosiddetti signori della droga, con gruppi terroristici e rivoltosi, fra narcotrafficanti e contrabbandieri di armi. Particolarmente preoccupante è il coinvolgimento sospetto di Al Qaidi nel Maghreb Islamico (AQIM) e del gruppo islamico terrorista della Nigeria, Boko Haram, che potrebbero essere coinvolti nel traffico per finanziare le loro attività, secondo un rapporto pubblicato lo scorso anno dalla US Drug Enforcement Administration.

Un articolo uscito il 14 novembre, su Meridiani, ci informa della crescente collaborazione fra i vari gruppi terroristici che operano in Africa: “La fitta rete del terrore che innerva l’Africa occidentale mette in connessione i militanti di Boko Haram con i più attivi e minacciosi gruppi fondamentalisti del Sahel e del Centrafrica. Una rete fatta di scambi di conoscenze pratiche, di combattenti addestrati e di un’indefessa opera di intelligence e di condivisione di principi ideologici. Il rischio di una collaborazione più stretta tra Boko Haram (movimento nigeriano), Aqmi (al Qaeda nel Maghreb Islamico), Mujao (Movimento per l’unicità del jihad nell’Africa occidentale), Ansar Eddine (movimento tuareg salafita) e gli Shabaab della Somalia e’ paventato da anni, fin da quando le prime voci sull’addestramento di combattenti nigeriani nei campi maliani, somali e yemeniti iniziavano a circolare fra le autorità. L’accresciuta collaborazione tra gli Stati della regione saheliana nelle operazioni anti-terrorismo ha spinto le organizzazioni fondamentaliste verso un maggiore coordinamento, in modo da sopperire anche all’indebolimento dell’azione coesiva di al Qaeda. L’unione degli sforzi fra i vari movimenti fondamentalisti non tende però alla creazione di un’organizzazione transnazionale, quanto piuttosto al rafforzamento cooperativo dei vari attori locali, riuniti in un vero e proprio network dall’imprevedibile potenza d’impatto”.

Vediamo dunque il coinvolgimento di questi gruppi con il narcotraffico, e iniziamo dal Mujao (Movimento per l’unicità del jihad nell’Africa occidentale), descritto così da un reporter francese sul sito Temps reel: “Grande reporter,  Jean-Paul Mari rientra da Bamako, dove è andato per un reportage per conto del “Nouvel Observateur", al fine di tentare di svelare la realtà del nord del Mali. Quattro organizzazioni controllano il nord del Mali: la più conosciuta e la più minacciosa è AQMI, Al Qaeda nel Magreb Islamico, con il MUJAO, la sua escrescenza mafiosa, specializzata in narcotraffico”.

Sul Globalist L’argomento viene approfondito:  “A un anno dai rapimenti dei cooperanti europei, Il Fronte polisario non riesce a capacitarsi, un anno dopo l'operazione di Tindouf, che il Mujao (Movimento per l'unicità e il jihad nell'Africa occidentale) sia potuto penetrare nei campi profughi l'operazione del sequestro di tre cooperanti a Tindouf non avrebbe potuto realizzarsi senza una complicità all'interno degli accampamenti. Perché i terroristi sono venuti dal Mali, hanno attraversato la frontiera mauritana per entrare in Algeria e raggiungere di notte i campi di Rabbouni. Le autorità sahrawi non negano che ci sia stata una collaborazione con elementi all'interno dei campi. «I narcotrafficanti che si trovano nella zona sono stati utilizzati dai gruppi terroristi al di fuori dei campi per facilitare la penetrazione nei luoghi dove sono stati rapiti gli europei», afferma un alto responsabile della sicurezza del Fronte polisario. «I narcotrafficanti, con la complicità delle guardie militari marocchine, approfittano di passaggi che permettono loro di far uscire la droga con veicoli e di consegnarla ad altri gruppi che arrivano dalla Mauritania e la trasportano verso il Mali», spiega Abdelhay Emmay. il comandante della prima legione della seconda regione militare dei territori liberati del Sahara occidentale. Si tratta di centinaia di brecce aperte momentaneamente e poi richiuse lungo i 2.400 chilometri di muro. Create inizialmente per il traffico di sigarette, poi di droga, poi per l'immigrazione clandestina di africani verso l'Europa, sono utilizzate ora anche per far passare i terroristi”.

Su Le Matin si trova poi un altro approfondimento dal titolo “Sahel, quando la sharia benedisce i narcotrafficanti”. “La connessione tra i gruppi terroristi armati che occupano il nord del Mali e la rete del contrabbando e dei narcotrafficanti è così stretta che sarebbe ingenuo prendere per oro colato la recente dichiarazione del capo terrorista di Ansar Eddine, Iyad Ag Ghali, che ha detto di voler interrompere il contrabbando di droga e di sigarette sul terriotrio di Azawad, che occupa da sei mesi insieme ad Al Qaeda nel Magreb Islamico e al MUJAO. Secondo le informazioni pubblicate questo sabato da diversi siti africani, il capo di Ansar Eddine (mentre due delegazioni stanno seguendo, a Algeri e a Ouagadougou, negoziazioni per l’uscita dalla crisi nel nord del Mali) ha dichiarato a margine della chiusura delle esercitazioni militari organizzate a Kidal, che “il contrabbando è interdetto nell’Azawad”, sottolineando come “tutti i contrabbandieri dispongano di un termine di tre settimane per cessare la loro attività.” Intanto, a Algeri e a Ouagadougou, le sue delegazioni  persistono e firmano. Per Ansar Eddine non si pone la questione se combattere AQMI, “dei musulmani come noi”, ha affermato il capo della delegazione che ha reiterato la sua vicinanza ideologica e militare all’organizzazione di Abdelmalek Droukdel et Mokhtar Belmokhtar , che sono a capo di un importante  rete di narcotrafficanti, rete fondata sul mercato delle sigarette americane Marlboro. Iyad Ag Ghali stesso deve la sua ascesa “politica” alle potenti organizzazioni di narcotrafficanti . che gli hanno permesso di trovarsi in possesso di una immensa fortuna, con la complicità di Algeri e Bamako. La dichiarazione, intervenuta nel corso del dialogo che il suo gruppo porta avanti a Algeri  e a Ouagadougou serve a “moralizzare” in superficie la sharia e ad offrire alle autorità algerine e mauritane un aspetto presentabile, destinato ad una operazione di facciata che non regge davanti alla natura dell’ islamo-gangsterismo di Ansar Eddine. In realtà, dopo la sua occupazione di Timbuctu, dove si continua ad applicare la sharia, non si è fatto altro che attaccare una popolazione senza difese. Sono stati distrutti un certo numero di piccoli commercianti di alcol, proibito il consumo del tabacco in nome della sharia ma non si sono colpiti i grandi trafficanti di droga e di sigarette che sono controllati per conto degli “emiri” algerini di AQMI”.

Dai legami tra narcotrafficanti e terroristi passiamo ora a quelli tra narcotrafficanti e vertici politici; su mali Actualité si descrivono i rapporti fra il Presidente del Mali, deposto nel marzo 2012, Amadou Toumani Touré, e le organizzazioni criminali che gesticono il traffico di cocaina. “Generali dell’esercito del Mali, uomini politici, eletti locali, sono tutti coinvolti in un traffico di droga. Un rapporto ultraconfidenziale dei servizi segreti americani ha da poco rivelato che nove generali del Mali sono stati implicati nel traffico di cocaina nel Sahara. Il barone in capo di questa rete altri non sarebbe che l’ex presidente della repubblica Amadou Toumani Touré. Il coinvolgimento di sua moglie nell’affare “Air Cocaine”, è la prova perfetta dell’esistenza della criminalità organizzata ai vertici del potere. Ma c’è di peggio. Fra il gennaio 2006 e il maggio 2008 sono stati sequestrati 284 chili di cocaina in Europa, all’arrivo di voli provenienti dal Mali, il che situa il paese al quarto posto dell’ Africa dell’ovest. A livello di numero di trafficanti arrestati all’arrivo in Europa, l’aeroporto di Bamako fornisce il secondo contingente dell’Africa occidentale, soprpassato soltanto da quello di Conakry, un piazzamento molto sproporzionato in rapporto all’importanza del traffico aereo tra Mali e Europa. Il rapporto del GRIP (Gruppo di informazione e ricerca sulla pace e sulla sicurezza) non lascia dubbi: il Mali, fuori dalle rotte principali e senza interesse particolare per i passeggeri  è divenuto, così come la Mauritania e il Niger, paese di massiccio transito; i sequestri negli aereoporti europei non sono che la cima di un iceberg di cocaina che va a giro tranquillamente lungo il deserto sahariano. In pieno Sahara, a Tinzaouatine, vicino alla frontiera algerina, 750 chili di cocaina sono stati abbandonati dai contrabbandieri che sono fuggiti attraverso la frontiera algerina; e che dire di “Air Cocaine”, e dei suoi andirivieni quotidiani che non sono di centinaia di chili ma tonnellate. In almeno due casi, alcuni notabili di Gao e di Tarkint erano presenti agli atterraggi, e a Kayes era l’esercito che presidiava   una pista improvvisata per ricevere quattro tonnellate di cocaina. Nelle varie ramificazioni delle inchieste si trovano implicati cittadini marocchini, francesi, spagnoli, del mali e altro. Le autostrade sahariane della cocaina sono già un classico e sottolineano perfettamente i legami esistenti fra i narcotrafficanti latinoamericani, i belligeranti (Polisario, Tuareg, ecc.), gli islamisti di AQMI e i loro adepti, e infine le forze armate e gli attori politici ed economici della regione. Questi ultimi e le forze armate hanno sempre agito nella quasi totale impunità: Georges Berghezan di GRIP sottolinea, in una intervista al quotidiano Libre Belgique che ci sono stai, all’inizio del 2010, numerosissimi atterraggi di trasporti di droga a Kidal, Gao, Timbuctù. Durante l’incidente di Tarkint, secondo l’ambasciata degli Stati Uniti, i servizi segreti del Mali avevano circondato la zona e ai servizi antidroga non è stato permesso l’accesso. Di una dozzina di persone arrestate, la maggior parte sono state già liberate. Le molteplici joint venture fra criminalità organizzata, banditi carovanieri, islamisti trafficanti di esseri umani, uomini di affari, militari, politici, liberatori e altri rivoluzionari, mirano essenzialmente al controllo del traffico di droga. Dietro le rivoluzioni, i colpi di Stato, le liberazioni dei territori, e altre azioni armate, c’è il disegno in filigrana di diverbi, litigi, divisioni, contestazioni e controllo delle vie di un traffico che genera annualmente numerosi miliardi di dollari. La presenza militare USA e francese, decentrata e più che altro costiera, pare perfettamente inefficace, malgrado gli sforzi di un dirigente locale delle forze speciali, Christian Rouyer e di tutta la tecnologia americana. Tanto più che i “barbuti” e gli uomini di affari di questi due paesi giocano spesso su più tavoli e non disdegnano la manna che viene dal cielo latinoamericano”.

Per concludere, leggiamo alcune notizie sul coinvolgimento delle banche africane nel riciclaggio dei proventi di questo vasto traffico. Le banche che operano in Ghana sono stati invitate a intensificare i loro sforzi nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, per scongiurare che il paese sia messo di nuovo nella “black kist”. Parlando alla apertura della filiale Westland della Standard Chartered Bank in Accra, Nicholas Okoe Sai, Advisor della Banca del Ghana (BOG) ha detto che la Banca centrale e altre istituzioni competenti garantiscono che sono state adeguate le normative e sono state prese misure per scongiurare il reinserimento nella “black list”. Le azioni intraprese includono la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e l’ emanazione dei regolamenti anti-terrorismo del 2012. "Non dobbiamo rinnegare le nostre responsabilità, ciò di cui la Banca del Ghana ha bisogno è che  tutte le banche e gli intermediari finanziari forniscano  un'efficace cooperazione e collaborazione", ha detto Sai. Lo scorso febbraio il Ghana era stato messo sulla lista dei paesi che non hanno norme internazionali per prevenire il riciclaggio di denaro. Tuttavia, il Gruppo di azione finanziaria aveva cancellato il Ghana dalla lista nera, citando con soddisfazione le misure adottate dal Centro di informazione finanziaria del paese, dopo il lancio di orientamenti in materia di antiriciclaggio per i vari bracci del settore finanziario delle banche, delle assicurazioni e del mercato dei capitali . Sai ha detto che la rimozione del Ghana dalla lista nera è stata molto incorraggiante e ha esortato le banche a mettere in atto misure per fermare le transazioni illegali. Parlando della ricapitalizzazione delle banche, ha detto che dal 2008 la maggior parte delle banche hanno aumentato il loro capitale al livello minimo richiesto di GH ¢ 60 milioni, tutte, tranne cinque. "Delle cinque banche rimanenti, quattro hanno presentato piani di capitalizzazione credibili".