In molti, la settimana scorsa, hanno richiamato il recente documento, uscito dalla London School of Economics, e firmato, fra gli altri, da 5 premi Nobel per l'economia. Ma di che si tratta? Di seguito la traduzione della sintesi, di John Collins, contenuta nel documento stesso, che trovate qui in inglese e in spagnolo.
E’ in corso un importante sforzo per ripensare le politiche
internazionali sulle droghe.
Il fallimento delle Nazioni Unite nel raggiungimento del suo
obiettivo “un mondo libero dalle droghe”, il persistere degli enormi danni
collaterali causati da politiche sulle droghe eccessivamente militarizzate e
orientate al controllo, hanno provocato un crescendo di appelli per porre fine
alla “guerra alle droghe”. Per decenni, il sistema di controllo messo in atto dall’
ONU ha tentato di applicare un insieme uniforme di politiche proibizioniste,
spesso a scapito di altre politiche presumibilmente più efficaci che comprendono
aspetti complessivi di sanità pubblica e di gestione dei mercati illeciti.
Attualmente il consenso che sosteneva questo sistema sta
andando in pezzi e si delinea un nuovo
percorso verso l’ accettazione del pluralismo nelle politiche globali, e di attenzione
al come differenti politiche funzionino in differenti paesi e regioni.
In ogni caso, la domanda rimane la stessa: come possono, gli
Stati, collaborare al miglioramento delle politiche globali sulle droghe?
Questo documento si occupa di due punti specifici: il primo, la riallocazione
drastica di risorse da politiche controproducenti e dannose a politiche di
sanità pubblica e di efficacia dimostrata; il secondo, l’ applicazione di
politiche monitorate rigorosamente e di regolamentazione sperimentale.
Gli Stati appaiono pronti per dar vita a una nuova varietà
di risposte su questo tema, disegnate per soddisfare le diverse necessità
nazionali e regionali. Affinché il multilateralismo continui ad essere rilevante,
si dovrebbe trasformare da esecutore globale a facilitatore globale. In
particolare, l’ONU deve riconoscere che la sua funzione consiste nel dare
assistenza agli Stati nell’applicazione di pratiche ottimali basate sulla
scienza e sull’evidenza, e non lavorare contro di queste. Se fosse necessario,
potrebbe sorgere un nuovo ed efficace regime internazionale fondato sull’accettazione
del pluralismo delle politiche. Se questo non accadesse, è probabile che gli
Stati facciano unilateralmente i passi necessari e che vadano perse le
opportunità di coordinamento internazionale che l’ONU permette di realizzare.
Questo documento inizia con l’analisi di John Collins sulla
logica strategica che ha sostenuto le politiche sulle droghe durante l’ultimo
secolo. Collins sostiene che l’ideologia di un “mondo libero dalle droghe”, che
ha permeato la recente strategia internazionale, è stata sbagliata e
controproducente, e che è necessaria una ristrutturazione fondamentale delle
politiche e strategie nazionali e internazionali. Di seguito, Jonathan Caulkins
suggerisce che gli attuali dibattiti sulle politiche sottostimino gli esiti del
proibizionismo nel drastico incremento dei prezzi delle droghe e nella diminuzione
della disponibilità delle droghe illegali nei paesi consumatori. Caulkins sostiene
che il fine della proibizione non dovrebbe essere la eradicazione totale dei
mercati maturi delle droghe, perché non è realista. Al posto di quello, il fine
dovrebbe consistere nel far emergere le attività fuori dalla clandestinità e
nello stesso tempo nel limitare i danni collaterali creati dal mercato.
Tuttavia, questa analisi non si applica ai paesi produttori e di transito, laddove
sono situati molti dei costi collaterali del proibizionismo.
Continuando in questa discussione, Daniel Mejía e Pascual Restrepo
analizzano gli impatti negativi delle politiche proibizioniste sui paesi
produttori e di transito. Mejía e Restrepo sostengono che i governi dell’
America Latina stanno rigettando sempre di più le politiche proibizioniste,
perché deficitarie dal punto di vista operativo. Concludono con un appello a
valutare le politiche sulle droghe in funzione dei risultati, e non delle intenzioni.
Peter Reuter analizza l’evidenza sulla cosiddetta ipotesi dell’effetto “mongolfiera”,
che postula come la proibizione o l’eradicazione della offerta in un area si
limita a farla spostare in un’altra regione, “senza causare niente più che un
inconveniente temporaneo ai suoi autori”. Reuter sostiene che questa ipotesi contiene,
al minimo, alcuni elementi di verità e che è richiesta una cooperazione e una
gestione effettiva a livello internazionale per mitigare gli effetti dannosi di questo fenomeno.
Vanda Felbab-Brown analizza l’evidenza che circonda le
politiche sul lato dell’offerta, così come sono state aggressivamente applicate
negli ultimi decenni dagli Stati Uniti, e dai suoi soci, nei paesi produttori e
di transito, indicando come le politiche di eradicazione e proibizione
generalizzate non solo sono fallite ma hanno spesso dimostrato di essere
tremendamente destabilizzatrici per questi paesi. L’autrice propone un
cambiamento verso strategie centrate sulla dissuasione, la selezione degli
obiettivi e delle azioni conseguenti di interdizione. Queste devono essere
accompagnate da strategie di sviluppo economico effettivo e di sicurezza per la
popolazione. Laura Atuesta analizza le carenze che affliggono le Popolazioni
Sfollate Internamente (IDP, sigla inglese), generate dalla guerra alle droghe
in America latina. Atuesta sostiene che i governi debbono implementare delle
legislazioni che riconoscano l’esistenza delle IDP e che servano a garantire le
loro possibilità di ritorno nelle regioni di origine, così come un risarcimento
economico per i danni subiti. Sostiene che la legalizzazione da sola non risolverà
questo problema, e che questa andrà accompagnata da sostanziose riconversioni
delle spese attualmente impiegate per la sicurezza nelle area della sanità, dell’educazione
e delle infrastrutture di trasporto.
Alejandro Madrazo analizza i costi costituzionali della “guerra
alle droghe”, notando come molti dei cambiamenti di legge motivati da una
migliore applicazione del proibizionismo siano consistiti in significative
alterazioni dei sistemi costituzionali nazionali. Tali alterazioni includono la
creazione di strumenti legislativi “eccezionali”. Madrazo sostiene che una
volta creati tali strumenti, questi tendono ad ampliarsi e ad essere utilizzati
per fini diversi da quelli stabiliti inizialmente, e che tali processi sono
difficili da invertire. Continuando sul tema, Ernest Drucker analizza l’incremento
esplosivo della carcerazione massiccia negli Stati Uniti dopo la dichiarazione
di “guerra alle droghe”. Drucker insiste
che i sistemi penitenziari in grande scala rappresentano, attualmente, un
importante fattore determinante per la salute della popolazione in generale. L’autore
avverte che, anche se l’incarcerazione massiccia in relazione alle droghe costituisce perlopiù un fenomeno
statunitense, questo si va incrementando in molti paesi in via di sviluppo che
stanno sperimentando una crescita dei mercati delle droghe.
Continuando con questa discussione sui risultati in termini
di salute pubblica, e concentrandosi su quella che può esser una base per una
strategia post “guerra alle droghe”, Joanne Csete analizza gli evidenti
benefici dell’adozione di politiche di salute pubblica per gestire il fenomeno “droghe”.
Sottolinea che i servizi di salute pubblica, per le persone che consumano droghe, producono risultati positivi e risparmio dei costi. Tali servizi, tuttavia,
sono fortemente carenti di risorse. Csete propone che i governi incrementino in
modo significativo questi servizi e garantiscano che le forze dell’ordine non ne
impediscano l’accesso. Infine, portando l’attenzione sul ruolo della
regolamentazione sperimentale in una strategia post “guerra alle droghe”, Mark
Kleiman e Jeremy Ziskind analizzano il caso della cannabis, “la droga per la
legalizzazione della quale sono in corso seri sforzi”. Essi sostengono che, per
quanto si continui ad avere alcune incertezze su alcune questioni chiave, è
importante permettere che le giurisdizioni implementino le proprie iniziative in
un quadro di regolamentazione sperimentale per determinare quali politiche
funzionino e quali debbano essere evitate. Propongono anche alcuni principi
regolatori che possono formare una base affinché gli Stati inizino a
considerare la regolamentazione della cannabis.
E’ arrivato il momento di sviluppare una strategia
internazionale per il XXI° secolo. Questa necessiterà di un certo tempo per
crescere. Tuttavia, il compito più urgente consiste nell’ assicurare una base economica
solida alle politiche sulle droghe, riallocare le risorse internazionali e
riassegnarle di conseguenza. Questo documento traccia una rotta per terminare,
finalmente, la guerra alle droghe.
(Traduzione @.r.a.)
(Traduzione @.r.a.)
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