La battaglia per la legalizzazione del consumo e della
coltivazione di cannabis sta aumentando di forza e di intensità in tutto il
mondo. Che si limiti a rivendicare la libertà dei propri consumi per gli amanti
della cannabis, o che sia intesa come primo graduale passo per una
regolamentazione di tutte le sostanze stupefacenti, che derivi
dall'affermazione del diritto a non essere perseguito per un comportamento
privato e personale, o che nasca dalla volontà di troncare una delle maggiori
fonti di guadagno delle criminalità organizzate, quello che sta montando dall'
Uruguay alla Spagna, tanto per citare solo due paesi, è un movimento vasto e
ragionato che prende piede sia tra le forze politiche che tra le popolazioni.
In questo panorama, il caso francese è diventato di
attualità a seguito dell'arresto, nel febbraio scorso, di Dominique Broc,
coordinatore nazionale dei cannabis social club francesi, rilasciato dopo poche
ore e in attesa di comparire davanti al
Tribunale di Tours per rispondere di detenzione di sostanze illecite e rifiuto
di eseguire test.
I cannabis social club francesi iniziano a nascere nel
giugno 2012, sull'esempio di quelli spagnoli e di tutta una rete, l'ENCOD,
European Coalition for Just and Effective Drug Policies, che opera da circa un
decennio per una riforma delle leggi sulle droghe; a differenza della Spagna,
dove è permessa con alcune limitazioni, e come in Italia, la coltivazione di
canapa in Francia è vietata; questo ha richiesto un adattamento del codice di
regolamentazione ENCOD. La coltivazione per uso personale dei soci dei club
francesi si configura come una vera e propria disobbedienza civile.
Dal giugno 2012 ad oggi, i CSC francesi sono diventati
centinaia, e i soci migliaia; tutto è andato avanti senza scosse fino al
momento in cui il quotidiano fondato, tra gli altri, da Jean-Paul Sartre,
Libération, pubblica un ampio e dettagliato reportage sull’iniziativa di Broc e
compagni, accompagnato da una lunga intervista al leader dei CSC francesi in
cui si annuncia il deposito, di lì a qualche giorno, dei loro statuti nelle
prefetture. Subito dopo, la polizia è entrata in casa di Dominique Broc
sequestrando le piante, le attrezzature, i computer e altro materiale.
Segno che le changement tanto decantato dal
presidente François Hollande durante la campagna presidenziale, c’est pas maintenant, almeno su
questo fronte, e che forse occorrerà aspettare un cambio di guardia à la Place
Beauvau, o una presa di posizione coraggiosa del ministro della Giustizia,
Christiane Taubira. Fatto sta che, nonostante la sinistra sia tornata al potere
dopo quindici anni, alla guida del ministero degli Interni resta
un’impostazione fortemente conservatrice; in materia di droghe e non solo,
l’atteggiamento di Claude Guéant, ultimo ministro degli Interni di Sarkozy, non
è poi così distante da quello del “socialista” Manuel Valls.
Intanto, in attesa dell'udienza, prevista per l'8 aprile, i
CSC francesi hanno annunciato il deposito in massa dei loro statuti, e messo in
atto una iniziativa di coming out. Riempiendo un format predisposto, centinaia,
al momento attuale, di persone,
esponendosi con nome, cognome e foto, stanno dichiarando il loro consumo e la
loro intenzione di uscire dalla clandestinità, affinchè la società si evolva.
Medici, avvocati, professionisti, impiegati, si stanno unendo a questa
dichiarazione. I media internazionali si stanno interessando della cosa, e
saranno presenti, molto numerosi, davanti al Tribunale di Tours l'8 aprile.
E dall'Italia? Intanto, ecco il sostegno dell' Associazione
radicale Antiproibizionisti:
Sabrina Gasparrini, Presidente
Claudia Sterzi, Segretaria
dell' @.r.a.
Nessun commento:
Posta un commento