I giornali di oggi, 9 aprile 2015, riportano la visita
notturna di Barack Hussein Obama al museo di Bob Marley, la leggenda del
reggae, colui che ha consentito alla musica giamaicana e al movimento rastafari
di raggiungere una audience planetaria.
Forse non tutti sanno che il rastafarianesimo è una
religione millenarista e african friendly, fornita di testi sacri, precetti, profezie,
come ogni religione che si rispetti; fra le altre cose i Rasta sostengono che l'erba
(ganja) sia nata dalla tomba di Re Salomone,
e sia stata data agli uomini ad uso medicinale e mistico: « Non puoi cambiare
la natura umana, ma puoi cambiare te stesso mediante l'uso dell'Erba ... In tal
modo tu permetti che la tua luce risplenda, e quando ognuno di noi lascia
risplendere la sua luce, ciò significa che stiamo creando una cultura divina».
«Ho ancora tutti gli album», ha confidato il presidente
americano; che cosa ci sia nella mente di un presidente degli States, che, per
quanto inserito in un meravigliosamente democratico sistema di check and
balances, rimane quanto di più vicino esista all'uomo più potente del mondo, è
cosa davvero difficile da divinare, ma questa visita e queste parole,
ufficializzate da agenzie ed articoli di tutto il mondo, rappresentano un'
informale conferma del rapporto che ha intrattenuto con la war on drugs, e che
si potrebbe intitolare “vorrei ma non posso”.
Così anche il recente, sbandierato atto di clemenza di Obama
nei confronti di 22 detenuti per violazioni delle leggi sulle droghe ha più
valore di simbolo che di effettivo cambiamento, e sta a significare la naturale
avversione di Obama al fatto che in carcere finiscano maggiormente, e con
condanne aggravate, neri, ispanoamericani e in generale, categorie
svantaggiate; così come simbolica è stata la indicazione di Obama alle forze
federali di non condurre più azioni repressive sui dispensari della
cannabis terapeutica. Una indicazione datata al 2009, tanto simbolica che nel
2013 è uscito un report di Americans for Safe Access (ASA) dove si sottolinea come, dopo che nel corso di 3
amministrazioni, dal 1996, sono stati investiti 500 milioni di dollari per
indagare, arrestare, perseguire ed imprigionare malati in cura con farmaci
cannabinoidi e dispensari, la amministrazione Obama, ben lontana dallo spender meno dei suoi predecessori,
abbia dedicato quasi 300 milioni di dollari a tali attività di controllo,
nonostante le sue ripetute promesse di non utilizzare i fondi del Dipartimento
di Giustizia in questo modo[1].
Azioni simboliche, dunque, e, come diceva Wisconsin Williams nella inarrivabile, e inarrivata, scena finale
di Devil s market, “il simbolo è la natura morta del significato”[2];
concetto espresso già diversi secoli prima da Topolinius nelle Duneidi “τὸ σύμβολο ἐστί δρᾶμα γυμνόν”[3]
Ma andiamo oltre la cannabis terapeutica, la cui regolamentazione
attiene al campo dei diritti al libero accesso ai farmaci, e anche oltre ai 22 fortunati
detenuti toccati dalla grazia presidenziale (http://www.cbsnews.com/news/obama-commutes-22-prison-sentences/). La war on drugs è qualcosina di più.
Anche senza tirare in ballo la sempre maggiore produzione di oppio in
Afghanistan, secondo un trend che non ha visto sostanziali modifiche da una
amministrazione ad un'altra, e che pure pesa sulla geopolitica internazionale
grazie al prosperissimo flusso di denaro che alimenta, negli ultimi due anni
gli States hanno dovuto fare i conti con una tragica crisi di immigrazione
giovanile, e spesso minorile, dai tormentati paesi del centroamerica, in fuga
dalle maras, dalla violenza dei narcotrafficanti e delle forze dell'ordine,
dalla complicità tra queste e quelli; e se si vuole restare in ambito nazionale
americano, è di qualche giorno fa la notizia di una emergenza eroina in New
York, dove per il secondo anno di seguito ci sono stati più morti per eroina
che per omicidio.
Insomma, un Obama non fa primavera, né di certo la ventata
di riforma che sta attraversando il mondo è stata portata da lui. I referendum americani
per la regolamentazione dell' uso sia medico che ludico sono iniziati prima
della sua elezione, ed hanno proseguito il loro corso, tra fallimenti e
successi, del tutto indipendentemente; mentre Barack posa in pittoresca estasi davanti ai dischi d'oro di Robert Nesta "Bob" Marley OM, la war on drugs
continua a imperversare per ogni dove, in una sorta di schizofrenia politica
ben in linea con i tempi attuali.
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