Come dicevamo altre volte, e come
abbiamo visto in molte parti del mando, dalla mezzaluna d’oro asiatica ai
territori andini, emerge anche nel continente africano l’identificazione di quelli che gli stati
uniti chiamano “king pin”, cioè i cosiddetti signori della droga, con gruppi
terroristici e rivoltosi, fra narcotrafficanti e contrabbandieri di armi.
Particolarmente preoccupante è il coinvolgimento sospetto di Al Qaidi nel
Maghreb Islamico (AQIM) e del gruppo islamico terrorista della Nigeria, Boko
Haram, che potrebbero essere coinvolti nel traffico per finanziare le loro
attività, secondo un rapporto pubblicato lo scorso anno dalla US Drug
Enforcement Administration.
Un articolo uscito il 14
novembre, su Meridiani, ci informa della crescente collaborazione fra i vari
gruppi terroristici che operano in Africa: “La fitta rete del terrore che
innerva l’Africa occidentale mette in connessione i militanti di Boko Haram con
i più attivi e minacciosi gruppi fondamentalisti del Sahel e del Centrafrica.
Una rete fatta di scambi di conoscenze pratiche, di combattenti addestrati e di
un’indefessa opera di intelligence e di condivisione di principi ideologici. Il
rischio di una collaborazione più stretta tra Boko Haram (movimento nigeriano),
Aqmi (al Qaeda nel Maghreb Islamico), Mujao (Movimento per l’unicità del jihad
nell’Africa occidentale), Ansar Eddine (movimento tuareg salafita) e gli
Shabaab della Somalia e’ paventato da anni, fin da quando le prime voci
sull’addestramento di combattenti nigeriani nei campi maliani, somali e
yemeniti iniziavano a circolare fra le autorità. L’accresciuta collaborazione
tra gli Stati della regione saheliana nelle operazioni anti-terrorismo ha
spinto le organizzazioni fondamentaliste verso un maggiore coordinamento, in
modo da sopperire anche all’indebolimento dell’azione coesiva di al Qaeda.
L’unione degli sforzi fra i vari movimenti fondamentalisti non tende però alla
creazione di un’organizzazione transnazionale, quanto piuttosto al
rafforzamento cooperativo dei vari attori locali, riuniti in un vero e proprio
network dall’imprevedibile potenza d’impatto”.
Vediamo dunque il coinvolgimento
di questi gruppi con il narcotraffico, e iniziamo dal Mujao (Movimento per
l’unicità del jihad nell’Africa occidentale), descritto così da un reporter
francese sul sito Temps reel: “Grande reporter,
Jean-Paul Mari rientra da Bamako, dove è andato per un reportage per
conto del “Nouvel Observateur", al fine di tentare di svelare la realtà
del nord del Mali. Quattro organizzazioni controllano il nord del Mali: la più
conosciuta e la più minacciosa è AQMI, Al Qaeda nel Magreb Islamico, con il
MUJAO, la sua escrescenza mafiosa, specializzata in narcotraffico”.
Sul Globalist L’argomento viene
approfondito: “A un anno dai rapimenti
dei cooperanti europei, Il Fronte polisario non riesce a capacitarsi, un anno
dopo l'operazione di Tindouf, che il Mujao (Movimento per l'unicità e il jihad
nell'Africa occidentale) sia potuto penetrare nei campi profughi l'operazione
del sequestro di tre cooperanti a Tindouf non avrebbe potuto realizzarsi senza
una complicità all'interno degli accampamenti. Perché i terroristi sono venuti
dal Mali, hanno attraversato la frontiera mauritana per entrare in Algeria e
raggiungere di notte i campi di Rabbouni. Le autorità sahrawi non negano che ci
sia stata una collaborazione con elementi all'interno dei campi. «I
narcotrafficanti che si trovano nella zona sono stati utilizzati dai gruppi
terroristi al di fuori dei campi per facilitare la penetrazione nei luoghi dove
sono stati rapiti gli europei», afferma un alto responsabile della sicurezza
del Fronte polisario. «I narcotrafficanti, con la complicità delle guardie
militari marocchine, approfittano di passaggi che permettono loro di far uscire
la droga con veicoli e di consegnarla ad altri gruppi che arrivano dalla
Mauritania e la trasportano verso il Mali», spiega Abdelhay Emmay. il
comandante della prima legione della seconda regione militare dei territori
liberati del Sahara occidentale. Si tratta di centinaia di brecce aperte
momentaneamente e poi richiuse lungo i 2.400 chilometri di muro. Create
inizialmente per il traffico di sigarette, poi di droga, poi per l'immigrazione
clandestina di africani verso l'Europa, sono utilizzate ora anche per far passare
i terroristi”.
Su Le Matin si trova poi un altro
approfondimento dal titolo “Sahel, quando la sharia benedisce i
narcotrafficanti”. “La connessione tra i gruppi terroristi armati che occupano
il nord del Mali e la rete del contrabbando e dei narcotrafficanti è così
stretta che sarebbe ingenuo prendere per oro colato la recente dichiarazione
del capo terrorista di Ansar Eddine, Iyad Ag Ghali, che ha detto di voler
interrompere il contrabbando di droga e di sigarette sul terriotrio di Azawad,
che occupa da sei mesi insieme ad Al Qaeda nel Magreb Islamico e al MUJAO.
Secondo le informazioni pubblicate questo sabato da diversi siti africani, il
capo di Ansar Eddine (mentre due delegazioni stanno seguendo, a Algeri e a
Ouagadougou, negoziazioni per l’uscita dalla crisi nel nord del Mali) ha
dichiarato a margine della chiusura delle esercitazioni militari organizzate a
Kidal, che “il contrabbando è interdetto nell’Azawad”, sottolineando come
“tutti i contrabbandieri dispongano di un termine di tre settimane per cessare
la loro attività.” Intanto, a Algeri e a Ouagadougou, le sue delegazioni persistono e firmano. Per Ansar Eddine non si
pone la questione se combattere AQMI, “dei musulmani come noi”, ha affermato il
capo della delegazione che ha reiterato la sua vicinanza ideologica e militare
all’organizzazione di Abdelmalek Droukdel et Mokhtar Belmokhtar , che sono a
capo di un importante rete di
narcotrafficanti, rete fondata sul mercato delle sigarette americane Marlboro. Iyad
Ag Ghali stesso deve la sua ascesa “politica” alle potenti organizzazioni di
narcotrafficanti . che gli hanno permesso di trovarsi in possesso di una immensa
fortuna, con la complicità di Algeri e Bamako. La dichiarazione, intervenuta
nel corso del dialogo che il suo gruppo porta avanti a Algeri e a Ouagadougou serve a “moralizzare” in
superficie la sharia e ad offrire alle autorità algerine e mauritane un aspetto
presentabile, destinato ad una operazione di facciata che non regge davanti
alla natura dell’ islamo-gangsterismo di Ansar Eddine. In realtà, dopo la sua
occupazione di Timbuctu, dove si continua ad applicare la sharia, non si è
fatto altro che attaccare una popolazione senza difese. Sono stati distrutti un
certo numero di piccoli commercianti di alcol, proibito il consumo del tabacco
in nome della sharia ma non si sono colpiti i grandi trafficanti di droga e di
sigarette che sono controllati per conto degli “emiri” algerini di AQMI”.
Dai legami tra narcotrafficanti e
terroristi passiamo ora a quelli tra narcotrafficanti e vertici politici; su
mali Actualité si descrivono i rapporti fra il Presidente del Mali, deposto nel
marzo 2012, Amadou Toumani Touré, e le organizzazioni criminali che gesticono
il traffico di cocaina. “Generali dell’esercito del Mali, uomini politici, eletti
locali, sono tutti coinvolti in un traffico di droga. Un rapporto
ultraconfidenziale dei servizi segreti americani ha da poco rivelato che nove
generali del Mali sono stati implicati nel traffico di cocaina nel Sahara. Il
barone in capo di questa rete altri non sarebbe che l’ex presidente della
repubblica Amadou Toumani Touré. Il coinvolgimento di sua moglie nell’affare
“Air Cocaine”, è la prova perfetta dell’esistenza della criminalità organizzata
ai vertici del potere. Ma c’è di peggio. Fra il gennaio 2006 e il maggio 2008
sono stati sequestrati 284 chili di cocaina in Europa, all’arrivo di voli
provenienti dal Mali, il che situa il paese al quarto posto dell’ Africa
dell’ovest. A livello di numero di trafficanti arrestati all’arrivo in Europa,
l’aeroporto di Bamako fornisce il secondo contingente dell’Africa occidentale,
soprpassato soltanto da quello di Conakry, un piazzamento molto sproporzionato
in rapporto all’importanza del traffico aereo tra Mali e Europa. Il rapporto
del GRIP (Gruppo di informazione e ricerca sulla pace e sulla sicurezza) non
lascia dubbi: il Mali, fuori dalle rotte principali e senza interesse particolare
per i passeggeri è divenuto, così come
la Mauritania e il Niger, paese di massiccio transito; i sequestri negli
aereoporti europei non sono che la cima di un iceberg di cocaina che va a giro
tranquillamente lungo il deserto sahariano. In pieno Sahara, a Tinzaouatine, vicino
alla frontiera algerina, 750 chili di cocaina sono stati abbandonati dai
contrabbandieri che sono fuggiti attraverso la frontiera algerina; e che dire
di “Air Cocaine”, e dei suoi andirivieni quotidiani che non sono di centinaia
di chili ma tonnellate. In almeno due casi, alcuni notabili di Gao e di Tarkint
erano presenti agli atterraggi, e a Kayes era l’esercito che presidiava una
pista improvvisata per ricevere quattro tonnellate di cocaina. Nelle varie ramificazioni
delle inchieste si trovano implicati cittadini marocchini, francesi, spagnoli,
del mali e altro. Le autostrade sahariane della cocaina sono già un classico e
sottolineano perfettamente i legami esistenti fra i narcotrafficanti
latinoamericani, i belligeranti (Polisario, Tuareg, ecc.), gli islamisti di
AQMI e i loro adepti, e infine le forze armate e gli attori politici ed
economici della regione. Questi ultimi e le forze armate hanno sempre agito
nella quasi totale impunità: Georges Berghezan di GRIP sottolinea, in una
intervista al quotidiano Libre Belgique che ci sono stai, all’inizio del 2010,
numerosissimi atterraggi di trasporti di droga a Kidal, Gao, Timbuctù. Durante
l’incidente di Tarkint, secondo l’ambasciata degli Stati Uniti, i servizi segreti
del Mali avevano circondato la zona e ai servizi antidroga non è stato permesso
l’accesso. Di una dozzina di persone arrestate, la maggior parte sono state già
liberate. Le molteplici joint venture fra criminalità organizzata, banditi
carovanieri, islamisti trafficanti di esseri umani, uomini di affari, militari,
politici, liberatori e altri rivoluzionari, mirano essenzialmente al controllo
del traffico di droga. Dietro le rivoluzioni, i colpi di Stato, le liberazioni
dei territori, e altre azioni armate, c’è il disegno in filigrana di diverbi,
litigi, divisioni, contestazioni e controllo delle vie di un traffico che
genera annualmente numerosi miliardi di dollari. La presenza militare USA e
francese, decentrata e più che altro costiera, pare perfettamente inefficace,
malgrado gli sforzi di un dirigente locale delle forze speciali, Christian
Rouyer e di tutta la tecnologia americana. Tanto più che i “barbuti” e gli
uomini di affari di questi due paesi giocano spesso su più tavoli e non
disdegnano la manna che viene dal cielo latinoamericano”.
Per concludere, leggiamo alcune
notizie sul coinvolgimento delle banche africane nel riciclaggio dei proventi
di questo vasto traffico. Le banche che operano in Ghana sono stati invitate a
intensificare i loro sforzi nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il
finanziamento del terrorismo, per scongiurare che il paese sia messo di nuovo
nella “black kist”. Parlando alla apertura della filiale Westland della
Standard Chartered Bank in Accra, Nicholas Okoe Sai, Advisor della Banca del
Ghana (BOG) ha detto che la Banca centrale e altre istituzioni competenti
garantiscono che sono state adeguate le normative e sono state prese misure per
scongiurare il reinserimento nella “black list”. Le azioni intraprese includono
la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità
organizzata transnazionale e l’ emanazione dei regolamenti anti-terrorismo del
2012. "Non dobbiamo rinnegare le nostre responsabilità, ciò di cui la
Banca del Ghana ha bisogno è che tutte
le banche e gli intermediari finanziari forniscano un'efficace cooperazione e
collaborazione", ha detto Sai. Lo scorso febbraio il Ghana era stato messo
sulla lista dei paesi che non hanno norme internazionali per prevenire il
riciclaggio di denaro. Tuttavia, il Gruppo di azione finanziaria aveva
cancellato il Ghana dalla lista nera, citando con soddisfazione le misure
adottate dal Centro di informazione finanziaria del paese, dopo il lancio di
orientamenti in materia di antiriciclaggio per i vari bracci del settore
finanziario delle banche, delle assicurazioni e del mercato dei capitali . Sai
ha detto che la rimozione del Ghana dalla lista nera è stata molto
incorraggiante e ha esortato le banche a mettere in atto misure per fermare le
transazioni illegali. Parlando della ricapitalizzazione delle banche, ha detto che
dal 2008 la maggior parte delle banche hanno aumentato il loro capitale al
livello minimo richiesto di GH ¢ 60 milioni, tutte, tranne cinque. "Delle
cinque banche rimanenti, quattro hanno presentato piani di capitalizzazione credibili".
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