“Il Governo uruguayano ha ottenuto ieri la prima
approvazione, alla Camera dei Deputati, della legalizzazione della canapa per uso
ricreativo, medicinale e industriale”.
Questa la notizia; arriva dunque in porto il progetto di
Mujica, Presidente dell’ Uruguay, che da qualche tempo propone un modello di
produzione di Stato per la marihuana, come viene chiamata, cioè, per la canapa.
La visione iniziale del Presidente è stata modificata in corso di dibattito,
che ha visto anche forti voci contrarie al monopolio di Stato; la legge
approvata alla Camera ieri consente "il commercio di un massimo di 40 grammi mensili di marihuana attraverso la rete delle farmacie. Per poter effettuare l'acquisto, il consumatore deve essere registrato, però la sua identità è tutelata dalla legge sulla protezione dei dati"; è permessa la coltivazione personale “di un
massimo di sei piante di canapa per ogni nucleo familiare e la produzione
collettiva della droga in club da un minimo di 15 a un massimo di 45 soci”.
Altri paesi dell’ America latina hanno espresso dissenso
per questa iniziativa, rimproverando a Mujica di agire individualmente senza
coordinarsi con il movimento per la revisione delle Convenzioni ONU, che va
crescendo in quella zona, come in altre parti del mondo.
Nonostante che il risultato alla Camera uruguayana si sia
giocato su un voto solo, e nonostante che i sondaggi indichino come la maggior
parte della popolazione sia contraria, la legge ha buone possibilità di passare
anche in Senato, dove il Governo sembra avere una solida maggioranza.
Dopo i referendum in Colorado e Washington, che hanno visto
vincere un primo tentativo di legalizzazione della cannabis per uso ludico,
oltre che medicinale, il risultato di ieri può ben essere appuntato fra le
stellette che la battaglia antiproibizionista inizia ad avere; piccoli passi,
ma finalmente nella giusta direzione.
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