07/07/11

Commissione Globale per le politiche sulle droghe / Principi 3 e 4 - pagg.10 e 11

PRINCIPI (seguito)

3. Lo sviluppo e l’attuazione delle politiche sulle droghe dovrebbe essere una responsabilità condivisa a livello globale, ma è necessario anche tenere conto delle diverse realtà politiche, sociali e culturali. Le politiche dovrebbero rispettare i diritti e le necessità delle persone coinvolte nella produzione, traffico e consumo, come si riconosce implicitamente nella Convenzione sul traffico di droghe del 1988.

Il sistema ONU per il controllo della droga si basa sull’idea che i governi debbano lavorare insieme per affrontare i mercati delle droghe e i relativi problemi. Questo è un punto di partenza ragionevole, e certamente c’è una responsabilità da condividere tra paesi produttori, consumatori e di transito (anche se la distinzione è sempre più confusa dal momento che tanti paesi stanno sperimentando elementi di tutte le tre condizioni).

Comunque, l’idea della responsabilità condivisa è troppo spesso diventata un braccio di ferro che ha inibito lo sviluppo e la sperimentazione delle politiche. L’ONU (attraverso la Commissione per il controllo internazionale degli stupefacenti) e in particolare gli Stati Uniti (particolarmente con il suo procedimento di “certificazione”), hanno indefessamente lavorato negli ultimi anni per assicurarsi che tutti i paesi adottassero lo stesso rigido approccio alla politica sulla droga – le stesse leggi, e lo stesso approccio severo delle forze dell’ordine. Quando i governi nazionali sono arrivati a una maggiore consapevolezza della complessità del problema e delle opzioni di risposta politica sui loro territori, molti hanno usato flessibilità nei riguardi della Convenzione, tentando strategie e programmi nuovi, come le iniziative di decriminalizzazione o i programmi di riduzione del danno. Quando questo ha compreso un approccio più tollerante all’uso di droga, i governi hanno dovuto affrontare pressioni diplomatiche internazionali per “proteggere l’integrità della Convenzione”, anche quando le strategie erano legali, efficaci e ricevevano consensi nel paese.

Un esempio attuale di questo processo (che può essere definito “imperialismo sul controllo delle droghe”), può essere osservato in merito alla proposta del governo boliviano per rimuovere la pratica della masticazione di foglie di coca dalla Convenzione del 1961, che proibisce qualunque uso al di fuori di quello medico. Nonostante il fatto che studi successivi avessero mostrato come la pratica indigena di masticare foglie di coca non fosse associata con nessuno dei problemi del mercato internazionale di cocaina, e che una evidente maggioranza della popolazione boliviana (e dei paesi vicini) appoggiasse tale cambiamento, molti dei ricchi paesi “consumatori di cocaina” (in testa gli Stati Uniti) hanno formalmente rigettato l’emendamento.

L’idea che il sistema internazionale di controllo sulle droghe sia immutabile e che ogni emendamento – per quanto ragionevole o minimale – sia una minaccia all’integrità dell’ intero sistema, non è lungimirante. Così come tutti gli accordi multilaterali, le convenzioni sulle droghe devono essere sottoposte ad una costante revisione e modernizzazione alla luce delle variabili e mutevoli circostanze. In particolare, deve essere permesso ai governi nazionali di esercitare la libertà di sperimentare con risposte che siano adeguate alle circostanze. Questa analisi e lo scambio di esperienze è un elemento cruciale del processo di apprendimento sulla efficacia relativa ai diversi approcci, ma la convinzione che dobbiamo avere tutti esattamente le stesse leggi, sanzioni e programmi ha costituito un limite inutile.

EFFETTI INDESIDERATI

L’ implementazione della Guerra alla droga ha generato diffuse conseguenze negative sulla società nei paesi produttori, consumatori, o di transito. Tali conseguenze negative sono state elencate dall’ ex Direttore esecutivo dell’ Ufficio dell’ ONU su droga e crimine, Antonio Maria Costa, che le ha raggruppate in cinque categorie:

1. La crescita di un enorme mercato nero criminale finanziato dai profitti, commisurati al rischio, ottenuti nel soddisfare la domanda internazionale di droghe illecite.

2. Uno sbilanciamento della considerazione politica, come risultato per aver usato scarse risorse nel compiere un vasto sforzo di applicazione della legge indirizzato contro il mercato criminale.

3. Un dislocamento geografico, spesso conosciuto come “effetto mongolfiera”, con il quale la produzione di droga cambia luogo per evitare le attenzioni delle forze dell’ordine.

4. Uno spostamento nelle sostanze, cioè lo spostamento dei consumatori verso nuove sostanze quando la loro droga, scelta precedentemente, diventa difficile da ottenere, per esempio per le pressioni delle forze dell’ordine.

5. La percezione e il trattamento dei consumatori di droga, che vengono stigmatizzati, emarginati ed esclusi.




4. Le politiche sulle droghe devono attuarsi in modo integrato, coinvolgendo famiglie, scuole, specialisti della salute pubblica, professionisti dello sviluppo e leaders della società civile, in collaborazione con le istituzioni per l’ordine pubblico e altri organismi governativi rilevanti.

Con la loro forte focalizzazione sull’applicazione delle leggi e sul castigo, non sorprende che le principali istituzioni per l’attuazione del sistema di controllo sulle droghe siano la Polizia, le autorità di controllo di frontiera e le autorità militari dirette da Ministeri di Giustizia, Sicurezza e Interni. Nel livello multilaterale, anche le strutture regionali e delle Nazioni unite sono dominate da questi interessi. Anche se i governi hanno riconosciuto sempre di più che le strategie di applicazione della legge per il controllo delle droghe devono essere integrate da un approccio più vasto con programmi sociali e di salute pubblica, le strutture per la formazione delle politiche, per l’allocazione delle risorse e per l’implementazione non sono state altrettanto modernizzate.

Queste dinamiche istituzionali hanno ostacolato strategie di governo obiettive e basate sull’evidenza. Questo è qualcosa più di un problema teorico – ripetuti studi hanno dimostrato che i governi raggiungono maggiori benefici economici e sociali per le loro comunità investendo in programmi sanitari e sociali, piuttosto che investendo nella riduzione dell’ offerta e applicazione della legge. In ogni caso, nella maggioranza dei paesi, la maggior parte delle risorse disponibili vengono spese per dare seguito alle leggi sulle droghe e per punire di coloro che usano droghe.

Risulta sempre più evidente la mancanza di coerenza delle Nazioni Unite. Lo sviluppo del sistema globale di controllo delle droghe ha compreso la creazione di tre corpi di supervisione per l’implementazione delle Convenzioni: l’ Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), la Commissione Internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) e la Commissione sulle droghe (CND). Questo sistema si basa sulla premessa che il controllo internazionale delle droghe sia prima di tutto una lotta contro il crimine e i delinquenti. Come era lecito aspettarsi, c’è un intrinseco interesse a mantenere al centro dell’azione l’applicazione della legge e i funzionari di alto rango in questi organismi sono tradizionalmente più propensi a porre l’accento su questo aspetto. Ora che la natura della sfida delle politiche sulle droghe è cambiata, le istituzioni devono seguire questo cambiamento. Le politiche sulle droghe devono esser formate a partire dalle strategie condivise da tutte le agenzie multilaterali interessate, certamente l’ UNODC, ma anche UNAIDS, WHO, UNDP, UNICEF, UN women, la Banca Mondiale e l’Ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani. La marginalizzazione dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità è particolarmente preoccupante dato che ha ricevuto uno specifico mandato sui trattati di controllo sulle droghe.

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