25/11/12

Notizie dal fronte della war on drugs - Asia - 2/10/2012


 
Traccia della trasmissione andata in onda su Radio Radicale il 2 ottobre 2012
 
Papaveri e militari

Per gli aggiornamenti e le notizie dal fronte della guerra alla droga, dopo aver dato una panoramica dell’ America latina martedì scorso, ci spostiamo nel continente asiatico, considerato la patria del papavero da oppio, anche se non è così vero, dato che la coltura del papavero da oppio era già in uso più di 5000 anni fa presso Sumeri, Babilonesi, Assiri ed Egizi, ed è stato usato da Romani, Greci e Arabi prima di essere esportato in India da Alessandro il Grande e sette secoli dopo, nel 400 d.C., in Cina, ad opera di mercanti arabi.
Al momento attuale il continente asiatico risulta il più grande produttore di papavero da oppio al mondo; in particolare la cosiddetta Mezzaluna d’oro, che comprende Afghanistan, Iran e Pakistan, ha da anni sorpassato il Triangolo d’oro (Birmania, Laos, Vietnam e Thailandia) e produce la maggior parte dell’eroina del mondo; secondo il rapporto dell’ Agenzia ONU per le droghe e per il crimine del 2012, 5800 tonnellate è stata la produzione afghana per il 2011, su un totale mondiale di 7000. Il 7% della produzione invece avviene in America latina dove dagli anni ’90 è cresciuta la coltivazione dell’oppio, soprattutto in Messico, ma anche in alcune regioni di Bolivia, Colombia, Guatemala e Perù.
Iniziamo le notizie e gli aggiornamenti dalla war on drugs proprio da dove la abbiamo lasciata la settimana scorsa, perché è di pochi giorni fa la notizia diffusa rapidamente dalle agenzie di tutto il mondo, della cattura di Ivan Velazquez Caballero, detto El Talibàn, un narcotrafficante messicano da 2,3 milioni di dollari di taglia. Il soprannome, che lo collega ai più grandi trafficanti di eroina mondiali, i talebani, appunto, gli era stato conferito per essere un esperto del metodo di decapitazione talebana, che prevede una morte cruenta e dolorosa; questa dell’efferatezza dei delitti è una caratteristica dei mercati illegali, per quanto ci possa essere un certo conflitto tra commercianti legali che a volte si manifesta in modo violento e prevaricatore, è evidente che il commercio illegale si svolge in maggior misura attraverso crimini violenti, che fanno parte del commercio stesso, e, anche, di pari passo con l’avanzare delle tecnologie, che la grande criminalità organizzata ha dimostrato di saper usare, si sono incrementati i legami tra le organizzazioni di diversi paesi, in ordine al traffico di droga, di armi illegali e di esseri umani clandestini.
Nel continente asiatico la maggior parte dei paesi è produttore di droga e/o paese di transito per il narcotraffico; anche se è presente un forte consumo locale il grosso dell’eroina prodotta in Asia, così come dei consumatori della cocaina prodotta in centro e sud America, viene consumato nei paesi occidentali, USA ed Europa in primo luogo, dei quali parleremo la prossima volta.
Sul sito della Reuters è uscito il 5 settembre un lungo articolo che prende spunto da un fatto di cronaca nera, ovvero il ritrovamento in Pakistan di un cadavere nascosto nel baule di una Toyota parcheggiata in uno dei quartieri principali di Karachi, il cadavere di Abdul Rehman Dashti, un funzionario pubblico pakistano di primo livello, ucciso con uno sparo in pieno viso. Le autorità di polizia e le troupes televisive accorse sul luogo hanno indicato come responsabile dell’uccisione Imasm Bheel, uomo d’affari di una provincia del sud-ovest pakistano, il Belucistan. Di quali affari si tratti si capisce dal fatto che già tre anni fa Barak Obama aveva nominato Bheel come un “kingpin” del narcotraffico, lo stesso appellativo usato, sempre da Obama, per El Talibàn, un crisma riservato agli uomini chiave, a livello internazionale, della malavita organizzata e dei traffici illeciti. Ciononostante, o proprio per questo, ci informa la Reuters, Bheel è amico di senatori e suo figlio maggiore è membro dell’assemblea nazionale; Bheel stesso ha partecipato nel 2002 ad una campagna elettorale in sostegno a Zubaida Jalal, legato a Musharraf e ai poteri militari. La vicenda è caduta nel silenzio e Bheel ha fatto ritorno a Makran, in Belucistan, indisturbato. Prosegue l’articolo: “L’omicidio svela quella che è una minaccia per lo stesso Pakistan, la marea di narcodollari, narcomoney, che tenta i politici, corrompe gli ufficiali e gonfia una vasta economia illegale; dai campi di oppio del sud dell’ Afghanistan alle coste di Makran (sul Mar arabico poco ad est del golfo di Oman), i trafficanti trasportano eroina per un valore di circa 20 miliardi l’anno, secondo le stime ONU. I produttori stampano sulle confezioni dei loro prodotto i simboli di scorpioni, leoni e serpenti”. Pochi, in Pakistan come altrove, si rendono conto che il paese gioca un ruolo sospettato di essere molto importante, nella industria mondiale dell’eroina, una industria da 68 miliardi di dollari annui”.
Dunque una quantità di denaro spropositata che gira nelle mani di pochi noti; venendo all’Afghanistan, oltre ai fondi per la lotta alla droga e per l’eradicazione delle colture di papavero, un articolo del 24 settembre su Limes ci informa che La Banca Mondiale ha stimato  che nel 2010 le finanze pubbliche afgane abbiano ricevuto 15,7 miliardi di dollari di aiuti, valore pari al PIL del paese. La conferenza di Tokio dello scorso 7 luglio, alla quale hanno partecipato oltre 70 Stati, ha segnato la sottoscrizione di un importante impegno a favore di Kabul, che beneficerà di 16 miliardi di dollari l’anno nel quadriennio 2012-2015.

Denaro che va a finanziare che cosa? Leggiamo sul Daily Times del Pakistan, in data 4 settembre: "Nel mese di agosto 2012, la nomina di criminali di guerra e funzionari corrotti per i posti chiave in Afghanistan ha fatto infuriare l’intera popolazione; il Presidente Karzai ha nominato Ministro della difesa il signore della guerra Maulana Bismallah Khan Muhammadi e a capo dei servizi segreti ha nominato un noto criminale di guerra, Assadullah Khalid, noto per le torture e le uccisioni di uomini e donne innocenti nel sud dell’ Afghanistan. Assadullah Khalid possiede una milizia criminale, conosciuta come Brigata 888, e prigioni segrete"; si fa notare, nell’articolo, come la Brigata 888 negli anni passati sia stata ritenuta un alleato affidabile per la protezione degli avamposti canadesi a Kandahar ed abbia ricevuto il sostegno militare e finanziario del Governo canadese; infine la nomina del “quarto uomo più corrotto del paese, e analfabeta”, Mullah Din Muhammad, come Ministro degli affari di frontiera, ha ricevuto una condanna nazionale. “Come tutti capiscono, la sicurezza sta peggiorando nel paese. Ogni giorno che passa, il paese si avvicina a una guerra civile senza fine. Attacchi di insorti, ordigni esplosivi, attacchi suicidi, uccisioni preordinate, traffico di droga e corruzione”; l’articolo mostra come nella mezzaluna d’oro asiatica, così come nell’ America latina, il narcotraffico, le narco war e la war on drugs siano strettamente intrecciate fra di loro e con le vicende della corruzione politica e del terrorismo; infatti tutti questi cosiddetti signori della guerra sono ampiamente coinvolti, anzi spesso sono proprio gli stessi signori del narcotraffico dei quali Bheel non è che un esempio.

E’ di oggi la notizia dell’incontro, a margine delle riunioni ONU di New York, di Karzai, Presidente dell’ Afghanistan, con il suo collega Presidente del Pakistan, Zardari; nel corso dell’incontro, è stato lo stesso Zardari a dichiarare che esiste un nesso fra narcotraffico su vasta scala e terrorismo, “dobbiamo urgentemente tagliare questo cordone ombelicale”, ha detto; ricordando che l’anno scorso fece molto scalpore la rivelazione, del New York Times, che Walid Karzai, fratello del presidente afghano e principale trafficante di droga della provincia di Kandahar, fosse da anni sul libro paga della CIA, il tutto risulta comunque inquietante, anche senza trarre conclusioni affrettate da vicende molto complesse.
Un articolo di Lettera 43 di pochi giorni fa apre invece una finestra sul trattamento del consumo locale; in Cina, dove il consumo di oppio è tradizionale e secolare, ed in tutto il sud-est asiatico, sono attivi i centri di rieducazione che sono in realtà campi di lavori forzati; qui vengono rinchiusi non solo gli oppositori politici ma anche i tossicodipendenti. Un metodo introdotto nel 1957, “il sistema dei campi di lavoro (prima laogai, poi laojiao) è stato introdotto nel lontano 1957 a seguito di una circolare del Consiglio di Stato. All’epoca ci si mandavano i cosiddetti controrivoluzionari, così come i colpevoli di reati minori come furto, frode o vandalismo. Con gli anni i campi si sono riempiti anche di prostitute, tossicodipendenti, e, appunto, oppositori politici. Una recente inchiesta dell’ emittente panarabica Al Jazeera, ripresa in Italia dal programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, Quello che (non) ho, ha messo in luce come i beni prodotti nei campi di rieducazione vengano poi illegalmente venduti a Stati Uniti ed Europa. Secondo il Global Times, “attualmente sono 60.000 i detenuti nei campi di lavoro sul territorio cinese, senza contare i 20.000 tossicodipendenti”. Già in agosto su Asia News era uscito un articolo sui tossicodipendenti, centinaia di migliaia di persone in Cina, Vietnam, Cambogia e Laos, detenute senza processo e vittime di torture e violenze. Nel documento riportato da Asia News, di Human Rights Watch, emerge che oltre 350.000 persone, identificate come “consumatori abituali di droghe, sono state rinchiuse in centri equiparabili a vere e proprie prigioni, in nome del trattamento sanitario da seguire per disintossicarsi. La privazione della libertà poteva durare fino a 5 anni e riguardava anche semplici cittadini senza fissa dimora, malati di mente e bambini di strada. Nei lager gli ospiti devono sostenere esercitazioni di stampo militare, intonare slogan e lavorare in condizioni equiparabili alla schiavitù come tappa di una fantomatica terapia. In Vietnam la terapia del lavoro è parte integrante del trattamento contro la tossicodipendenza e i centri di accoglienza altro non sono che campi di lavoro forzato, al cui interno decine di migliaia di persone lavorano per sei giorni la settimana ricoprendo le mansioni più umili e faticose, e le punizioni per eventuali errori commessi sfociano sovente in episodi di tortura. Una pratica, che oltre al Vietnam, viene applicata con eguale durezza anche in Cambogia, Laos, e Cina, dove il lavoro dei detenuti viene sfruttato per la produzione di oggetti e manufatti”.

Ricerche recenti hanno dimostrato che questi lager favoriscono la diffusione di malattie come l’AIDS o la crescita rapida del numero di sieropositivi; una situazione già descritta anche dal secondo rapporto della  Commissione Globale uscito a giugno, e intitolato “Come la guerra alle droghe incrementi la pandemia di HIV e AIDS”.
I campi di papavero da oppio afgani danno modo di citare anche l’iniziativa radicale che nel corso degli anni, pur non essendo spesso alla ribalta dei grandi mezzi di informazione, ha agito sottotraccia con proposte e azioni. Sul sito di ADUC, uno dei migliori siti italiani di notizie sull’argomento “droghe” , oltre ad overgrow.it e legalizziamolacanapa.org, e dove troviamo anche notizie su un aumento degli abusi di droghe e farmaci nell’esercito americano, notizie che vedremo meglio la prossima volta, quando parleremo dei paesi prevalentemente consumatori, Stati Uniti e Europa, si legge una delle numerose dichiarazioni che nel corso degli anni i radicali hanno prodotto sulla possibilità di riconvertire l’oppio prodotto in legale farmaco antidolorifico e analgesico, una tipologia di farmaco alla quale è ancora difficile ottenere l’accesso in molte zone del mondo. La dichiarazione, di poco tempo fa, è del senatore italiano Marco Perduca, radicale: “Credo che non ci si possa esimere dal prendere in considerazione come, in vista del progressivo ritiro della massima parte del contingente internazionale in Afghanistan, si corra il rischio di lasciare il paese in mano a gruppi che, col passare degli anni, si sono rafforzati e attrezzati tanto da colpire quasi quotidianamente in tutto il paese. Contrariamente a quanto il Partito Radicale va proponendo da quasi 20 anni per l'Afghanistan, ma soprattutto contrariamente agli appelli dell'Organizzazione Mondiale della Salute, la presenza internazionale in quel paese non ha mai voluto neanche prendere in considerazione a livello teorico la possibilita' di lanciare dei progetti pilota per convogliare la produzione di oppio verso il mercato legale della morfina. In piu' occasioni l'Oms ha denunciato come l'80% della popolazione mondiale non conosca analgesici. Il Partito Radicale ha prodotto studi e proiezioni da anni che son diventati anche raccomandazioni fatte proprie dal governo Prodi nella scorsa legislatura quanto al Parlamento europeo nel 2007. Viste le 'sorprese' che il governo Monti vuole riservare agli italiani per la fine del suo mandato -conclude il senatore radicale-, avviare una revisione del dogma proibizionista in seno alle Nazioni unite per produrre analgesici per le masse potrebbe essere un obiettivo da porsi".

E, dato ai radicali ciò che è dei radicali, vorrei citare un altro organo italiano che spesso dimostra di occuparsi e di avere notizie, proprie ed autorevoli, sulle rotte del narcotraffico e sui fenomeni legati alla war on drugs, ed è Avvenire. Ai vescovi ciò che è dei vescovi. Il 14 settembre Avvenire ha pubblicato una intervista a Gilberto Guerra, capo della sezione Sfide Globali dell’ UNDOC, l’agenzia ONU contro la droga e il crimine, dove si analizzano le nuove tendenze di consumo e di commercio, e il recente aumento del consumo e degli abusi di oppiacei sintetici, legali, sia in Occidente come nel resto del mondo. Dice Guerra “ci sono paesi, come la Thailandia, che era nel triangolo d’oro, insieme a Myanmar e Laos, per la produzione e il commercio di eroina, dove adesso quasi il 100% dei consumatori di droghe usa metanfetamine e anfetamine; in contemporanea la crescita del mercato della cocaina, tale che oggi un terzo dei tossicodipendenti europei che si rivolgono alle strutture pubbliche o private è cocainomane".
Della realtà europea, martedì prossimo, mentre fra 15 giorni toccherà al continente africano, così definito da Guerra, nella stessa intervista: “ L’Africa, la nuova frontiera dei transiti verso l’Europa; lì è l’anello debole, da lì passano le nuove rotte dei narcos messicani verso il vecchio continente. Abbiamo programmi per bambini esposti alle droghe in Liberia e nell’Africa occidentale, perché dove c’è transito immediatamente esplode anche il consumo, che nel continente africano sta avvenendo massimamente. Un nuovo disastro in paesi che spesso già si trovano nel disastro totale”.

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