Traccia della trasmissione andata in onda su Radio Radicale il 2
ottobre 2012
Papaveri e militari |
Per gli aggiornamenti e le notizie dal fronte della guerra alla
droga, dopo aver dato una panoramica dell’ America latina martedì scorso, ci
spostiamo nel continente asiatico, considerato la patria del papavero da oppio,
anche se non è così vero, dato che la coltura del papavero da oppio era già in
uso più di 5000 anni fa presso Sumeri, Babilonesi, Assiri ed Egizi, ed è stato
usato da Romani, Greci e Arabi prima di essere esportato in India da Alessandro
il Grande e sette secoli dopo, nel 400 d.C., in Cina, ad opera di mercanti
arabi.
Al momento attuale il continente asiatico risulta il più grande
produttore di papavero da oppio al mondo; in particolare la cosiddetta
Mezzaluna d’oro, che comprende Afghanistan, Iran e Pakistan, ha da anni
sorpassato il Triangolo d’oro (Birmania, Laos, Vietnam e Thailandia) e produce
la maggior parte dell’eroina del mondo; secondo il rapporto dell’ Agenzia ONU
per le droghe e per il crimine del 2012, 5800 tonnellate è stata la produzione
afghana per il 2011, su un totale mondiale di 7000. Il 7% della produzione
invece avviene in America latina dove dagli anni ’90 è cresciuta la
coltivazione dell’oppio, soprattutto in Messico, ma anche in alcune regioni di
Bolivia, Colombia, Guatemala e Perù.
Iniziamo le notizie e gli aggiornamenti dalla war on drugs proprio
da dove la abbiamo lasciata la settimana scorsa, perché è di pochi giorni fa la
notizia diffusa rapidamente dalle agenzie di tutto il mondo, della cattura di
Ivan Velazquez Caballero, detto El Talibàn, un narcotrafficante messicano da
2,3 milioni di dollari di taglia. Il soprannome, che lo collega ai più grandi
trafficanti di eroina mondiali, i talebani, appunto, gli era stato conferito
per essere un esperto del metodo di decapitazione talebana, che prevede una
morte cruenta e dolorosa; questa dell’efferatezza dei delitti è una
caratteristica dei mercati illegali, per quanto ci possa essere un certo
conflitto tra commercianti legali che a volte si manifesta in modo violento e
prevaricatore, è evidente che il commercio illegale si svolge in maggior misura
attraverso crimini violenti, che fanno parte del commercio stesso, e, anche, di
pari passo con l’avanzare delle tecnologie, che la grande criminalità
organizzata ha dimostrato di saper usare, si sono incrementati i legami tra le
organizzazioni di diversi paesi, in ordine al traffico di droga, di armi
illegali e di esseri umani clandestini.
Nel continente asiatico la maggior parte dei paesi è produttore di
droga e/o paese di transito per il narcotraffico; anche se è presente un forte consumo
locale il grosso dell’eroina prodotta in Asia, così come dei consumatori della
cocaina prodotta in centro e sud America, viene consumato nei paesi
occidentali, USA ed Europa in primo luogo, dei quali parleremo la prossima
volta.
Sul sito della Reuters è uscito il 5 settembre un lungo articolo
che prende spunto da un fatto di cronaca nera, ovvero il ritrovamento in
Pakistan di un cadavere nascosto nel baule di una Toyota parcheggiata in uno
dei quartieri principali di Karachi, il cadavere di Abdul Rehman Dashti, un
funzionario pubblico pakistano di primo livello, ucciso con uno sparo in pieno
viso. Le autorità di polizia e le troupes televisive accorse sul luogo hanno
indicato come responsabile dell’uccisione Imasm Bheel, uomo d’affari di una
provincia del sud-ovest pakistano, il Belucistan. Di quali affari si tratti si
capisce dal fatto che già tre anni fa Barak Obama aveva nominato Bheel come un
“kingpin” del narcotraffico, lo stesso appellativo usato, sempre da Obama, per
El Talibàn, un crisma riservato agli uomini chiave, a livello internazionale,
della malavita organizzata e dei traffici illeciti. Ciononostante, o proprio per
questo, ci informa la Reuters, Bheel è amico di senatori e suo figlio maggiore
è membro dell’assemblea nazionale; Bheel stesso ha partecipato nel 2002 ad una
campagna elettorale in sostegno a Zubaida Jalal, legato a Musharraf e ai poteri
militari. La vicenda è caduta nel silenzio e Bheel ha fatto ritorno a Makran,
in Belucistan, indisturbato. Prosegue l’articolo: “L’omicidio svela quella che
è una minaccia per lo stesso Pakistan, la marea di narcodollari, narcomoney,
che tenta i politici, corrompe gli ufficiali e gonfia una vasta economia
illegale; dai campi di oppio del sud dell’ Afghanistan alle coste di Makran
(sul Mar arabico poco ad est del golfo di Oman), i trafficanti trasportano
eroina per un valore di circa 20 miliardi l’anno, secondo le stime ONU. I
produttori stampano sulle confezioni dei loro prodotto i simboli di scorpioni,
leoni e serpenti”. Pochi, in Pakistan come altrove, si rendono conto che il
paese gioca un ruolo sospettato di essere molto importante, nella industria
mondiale dell’eroina, una industria da 68 miliardi di dollari annui”.
Dunque una quantità di denaro spropositata che gira nelle mani di
pochi noti; venendo all’Afghanistan, oltre ai fondi per la lotta alla droga e
per l’eradicazione delle colture di papavero, un articolo del 24 settembre su
Limes ci informa che La Banca Mondiale ha stimato che nel 2010 le finanze pubbliche afgane
abbiano ricevuto 15,7 miliardi di dollari di aiuti, valore pari al PIL del
paese. La conferenza di Tokio dello scorso 7 luglio, alla quale hanno partecipato
oltre 70 Stati, ha segnato la sottoscrizione di un importante impegno a favore
di Kabul, che beneficerà di 16 miliardi di dollari l’anno nel quadriennio
2012-2015.
Denaro che va a finanziare che cosa? Leggiamo sul Daily Times del
Pakistan, in data 4 settembre: "Nel mese di agosto 2012, la nomina di criminali
di guerra e funzionari corrotti per i posti chiave in Afghanistan ha fatto
infuriare l’intera popolazione; il Presidente Karzai ha nominato Ministro della
difesa il signore della guerra Maulana Bismallah Khan Muhammadi e a capo dei
servizi segreti ha nominato un noto criminale di guerra, Assadullah Khalid,
noto per le torture e le uccisioni di uomini e donne innocenti nel sud dell’
Afghanistan. Assadullah Khalid possiede una milizia criminale, conosciuta come
Brigata 888, e prigioni segrete"; si fa notare, nell’articolo, come la Brigata
888 negli anni passati sia stata ritenuta un alleato affidabile per la
protezione degli avamposti canadesi a Kandahar ed abbia ricevuto il sostegno
militare e finanziario del Governo canadese; infine la nomina del “quarto uomo
più corrotto del paese, e analfabeta”, Mullah Din Muhammad, come Ministro degli
affari di frontiera, ha ricevuto una condanna nazionale. “Come tutti capiscono,
la sicurezza sta peggiorando nel paese. Ogni giorno che passa, il paese si
avvicina a una guerra civile senza fine. Attacchi di insorti, ordigni
esplosivi, attacchi suicidi, uccisioni preordinate, traffico di droga e
corruzione”; l’articolo mostra come nella mezzaluna d’oro asiatica, così come
nell’ America latina, il narcotraffico, le narco war e la war on drugs siano
strettamente intrecciate fra di loro e con le vicende della corruzione politica
e del terrorismo; infatti tutti questi cosiddetti signori della guerra sono
ampiamente coinvolti, anzi spesso sono proprio gli stessi signori del
narcotraffico dei quali Bheel non è che un esempio.
E’ di oggi la notizia dell’incontro, a margine delle riunioni ONU
di New York, di Karzai, Presidente dell’ Afghanistan, con il suo collega
Presidente del Pakistan, Zardari; nel corso dell’incontro, è stato lo stesso
Zardari a dichiarare che esiste un nesso fra narcotraffico su vasta scala e
terrorismo, “dobbiamo urgentemente tagliare questo cordone ombelicale”, ha
detto; ricordando che l’anno scorso fece molto scalpore la rivelazione, del New
York Times, che Walid Karzai, fratello del presidente afghano e principale
trafficante di droga della provincia di Kandahar, fosse da anni sul libro paga
della CIA, il tutto risulta comunque inquietante, anche senza trarre
conclusioni affrettate da vicende molto complesse.
Un articolo di Lettera 43 di pochi giorni fa apre invece una
finestra sul trattamento del consumo locale; in Cina, dove il consumo di oppio
è tradizionale e secolare, ed in tutto il sud-est asiatico, sono attivi i
centri di rieducazione che sono in realtà campi di lavori forzati; qui vengono
rinchiusi non solo gli oppositori politici ma anche i tossicodipendenti. Un
metodo introdotto nel 1957, “il sistema dei campi di lavoro (prima laogai, poi
laojiao) è stato introdotto nel lontano 1957 a seguito di una circolare del
Consiglio di Stato. All’epoca ci si mandavano i cosiddetti controrivoluzionari,
così come i colpevoli di reati minori come furto, frode o vandalismo. Con gli
anni i campi si sono riempiti anche di prostitute, tossicodipendenti, e,
appunto, oppositori politici. Una recente inchiesta dell’ emittente panarabica Al
Jazeera, ripresa in Italia dal programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano,
Quello che (non) ho, ha messo in luce come i beni prodotti nei campi di
rieducazione vengano poi illegalmente venduti a Stati Uniti ed Europa. Secondo
il Global Times, “attualmente sono 60.000 i detenuti nei campi di lavoro sul
territorio cinese, senza contare i 20.000 tossicodipendenti”. Già in agosto su
Asia News era uscito un articolo sui tossicodipendenti, centinaia di migliaia
di persone in Cina, Vietnam, Cambogia e Laos, detenute senza processo e vittime
di torture e violenze. Nel documento riportato da Asia News, di
Human Rights Watch, emerge che oltre 350.000 persone, identificate come
“consumatori abituali di droghe, sono state rinchiuse in centri equiparabili a
vere e proprie prigioni, in nome del trattamento sanitario da seguire per
disintossicarsi. La privazione della libertà poteva durare fino a 5 anni e
riguardava anche semplici cittadini senza fissa dimora, malati di mente e
bambini di strada. Nei lager gli ospiti devono sostenere esercitazioni di
stampo militare, intonare slogan e lavorare in condizioni equiparabili alla
schiavitù come tappa di una fantomatica terapia. In Vietnam la terapia del
lavoro è parte integrante del trattamento contro la tossicodipendenza e i
centri di accoglienza altro non sono che campi di lavoro forzato, al cui
interno decine di migliaia di persone lavorano per sei giorni la settimana
ricoprendo le mansioni più umili e faticose, e le punizioni per eventuali
errori commessi sfociano sovente in episodi di tortura. Una pratica, che oltre
al Vietnam, viene applicata con eguale durezza anche in Cambogia, Laos, e Cina,
dove il lavoro dei detenuti viene sfruttato per la produzione di oggetti e
manufatti”.
Ricerche recenti hanno dimostrato che questi lager favoriscono la
diffusione di malattie come l’AIDS o la crescita rapida del numero di
sieropositivi; una situazione già descritta anche dal secondo rapporto
della Commissione Globale uscito a
giugno, e intitolato “Come la guerra alle droghe incrementi la pandemia di HIV
e AIDS”.
I campi di papavero da oppio afgani danno modo di citare anche
l’iniziativa radicale che nel corso degli anni, pur non essendo spesso alla
ribalta dei grandi mezzi di informazione, ha agito sottotraccia con proposte e
azioni. Sul sito di ADUC, uno dei migliori siti italiani di notizie
sull’argomento “droghe” , oltre ad overgrow.it e legalizziamolacanapa.org, e
dove troviamo anche notizie su un aumento degli abusi di droghe e farmaci
nell’esercito americano, notizie che vedremo meglio la prossima volta, quando
parleremo dei paesi prevalentemente consumatori, Stati Uniti e Europa, si legge
una delle numerose dichiarazioni che nel corso degli anni i radicali hanno
prodotto sulla possibilità di riconvertire l’oppio prodotto in legale farmaco
antidolorifico e analgesico, una tipologia di farmaco alla quale è ancora
difficile ottenere l’accesso in molte zone del mondo. La dichiarazione, di poco
tempo fa, è del senatore italiano Marco Perduca, radicale: “Credo che non ci si
possa esimere dal prendere in considerazione come, in vista del progressivo
ritiro della massima parte del contingente internazionale in Afghanistan, si
corra il rischio di lasciare il paese in mano a gruppi che, col passare degli
anni, si sono rafforzati e attrezzati tanto da colpire quasi quotidianamente in
tutto il paese. Contrariamente a quanto il Partito Radicale va proponendo da
quasi 20 anni per l'Afghanistan, ma soprattutto contrariamente agli appelli
dell'Organizzazione Mondiale della Salute, la presenza internazionale in quel
paese non ha mai voluto neanche prendere in considerazione a livello teorico la
possibilita' di lanciare dei progetti pilota per convogliare la produzione di
oppio verso il mercato legale della morfina. In piu' occasioni l'Oms ha
denunciato come l'80% della popolazione mondiale non conosca analgesici. Il
Partito Radicale ha prodotto studi e proiezioni da anni che son diventati anche
raccomandazioni fatte proprie dal governo Prodi nella scorsa legislatura quanto
al Parlamento europeo nel 2007. Viste le 'sorprese' che il governo Monti vuole
riservare agli italiani per la fine del suo mandato -conclude il senatore
radicale-, avviare una revisione del dogma proibizionista in seno alle Nazioni
unite per produrre analgesici per le masse potrebbe essere un obiettivo da
porsi".
E, dato ai radicali ciò che è dei radicali, vorrei citare un altro
organo italiano che spesso dimostra di occuparsi e di avere notizie, proprie
ed autorevoli, sulle rotte del narcotraffico e sui fenomeni legati alla war on
drugs, ed è Avvenire. Ai vescovi ciò che è dei vescovi. Il 14 settembre
Avvenire ha pubblicato una intervista a Gilberto Guerra, capo della sezione
Sfide Globali dell’ UNDOC, l’agenzia ONU contro la droga e il crimine, dove si
analizzano le nuove tendenze di consumo e di commercio, e il recente aumento
del consumo e degli abusi di oppiacei sintetici, legali, sia in Occidente come
nel resto del mondo. Dice Guerra “ci sono paesi, come la Thailandia, che era
nel triangolo d’oro, insieme a Myanmar e Laos, per la produzione e il commercio
di eroina, dove adesso quasi il 100% dei consumatori di droghe usa
metanfetamine e anfetamine; in contemporanea la crescita del mercato della
cocaina, tale che oggi un terzo dei tossicodipendenti europei che si
rivolgono alle strutture pubbliche o private è cocainomane".
Della realtà europea, martedì prossimo, mentre fra 15 giorni
toccherà al continente africano, così definito da Guerra, nella stessa
intervista: “ L’Africa, la nuova frontiera dei transiti verso l’Europa; lì è
l’anello debole, da lì passano le nuove rotte dei narcos messicani verso il vecchio
continente. Abbiamo programmi per bambini esposti alle droghe in Liberia e
nell’Africa occidentale, perché dove c’è transito immediatamente esplode anche
il consumo, che nel continente africano sta avvenendo massimamente. Un nuovo
disastro in paesi che spesso già si trovano nel disastro totale”.
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